martedì 24 luglio 2012

Poesie di Izet Sarajlić

Tante donne

Tante donne
e nessuna tu.

A Sarajevo
duecentomila donne
e nessuna tu.

In Europa
duecento milioni di donne
e nessuna tu.

Nel mondo
due miliardi di donne
e nessuna tu.


Secondo amore

Se in me un giorno, quando che sia, spuntasse un
secondo amore
farebbe fatica con me.
Dovrebbe avere lo stesso viso del mio primo amore.
Lo stesso ricciolo. Lo stesso naso all’insù. Lo stesso
colore degli occhi.
Lo stesso passo. Le stesse abitudini. Persino lo stesso
indirizzo.
Di fatto, questo neppure sarebbe il mio secondo amore.
Sarebbe semplicemente la continuazione del mio primo,
unico amore.


I critici di poesia

Perché i critici di poesia
non scrivono poesia
giacché sanno tutto della poesia?

Sapessero,
forse preferirebbero scrivere poesia che di poesia.

I critici di poesia sono come i vecchi.
Anch’essi sanno tutto dell’amore.
Quello che non sanno è fare l’amore.


Le mie nuove poesie

Le poesie
che possono essere lette da tutti tranne che da te
possono ancora essere considerate mie?




Confesso

Neruda dice: “Confesso che ho vissuto.”
Io confesso,
che spesso nei versi morivo.
Cercavo forse col verso
di ingraziarmi
la morte
per farla venire, quando sarebbe venuta, prima della tua.

Ahimè,
è successo il contrario.


Eredità

                              a Josip Osti

I nostri avi ci hanno lasciato in eredità
degli Schonbrunn, dei Palazzi d’Inverno,
dei Ponts Charles,
delle Piazza San Marco,
senza menzionare
i Westminster
che rappresentano
i drammi di Shakespeare,
i romanzi di Tolstoi
o la “suite n. 3” di Bach.

E noi altri,
cosa lasceremo in eredità
ai nostri discendenti?

Degli snack-bar,
delle stazioni di servizio,
dei garages,
e qualche anti-romanzo.

martedì 10 luglio 2012

Parla l'Autore


Dubito di stare qui, in questo momento. Dubito della murata rossastra nell’aula fumatori, a Palazzo Veterani, una volta spenta la sigaretta e l’incanto. Ho un dubbio feroce riguardo all’esistenza dei miei genitori, e di mio fratello. Sono in dubbio, se penso alla moltitudine di gente che ho incontrato e incontrerò nella mia pur vuota esistenza. Se guardo indietro, se guardo al mio scianco passato in sordina, sono dubbioso degli amici che ho visto passare e dei miei gesti: le vittorie poco assaporate, le sonore sconfitte, i miei , i miei ma, i no che ho proferito a me stesso prima che a gli altri, le verità che ho audacemente nascosto per non soccombere.
     Dubito dei sorrisi smaglianti della gente da social-network. Diffido dalle nuove generazioni già ricche di lingue straniere ed esperienze – a me ancora precluse. Ho sospetto di chi ride ed è felice: ma anche di chi piange e si lamenta per un cece nella scarpa. Mi riesce difficile non dubitare della materia, viepiù se è guasta ed emana un cattivo odore. Per non parlare dello spirito, così vacillante e incerto, evanescente: mi par giusto credere che non abbia alcuna obiettività da sviscerare.
     Dubito dei contenuti della morale, dei vaniloqui immorali, della bestialità e dei cherubini, dei cuori in affanno e dei pacemaker. Sono in serio dubbio, se mi si parla di ére geologiche e guerre mondiali, se mi si vuol convincere che l’Universo è infinito e gli etruschi siano di origine non indoeuropea. Se guardo avanti, se guardo al futuro claudicante che mi attende, sono dubbioso all’ennesima potenza: mi par nulla il mio seguito, e non ultraterreno, come mi hanno insegnato da bambino.
     Dubito di Dio, della Madonna e di tutti i santi: alla faccia di chi crede che si creda sempre, e di chi mi offende se do mostra di credere, senza crogiuoli e senza dubbi lancinanti. Dubito allora che Gesù sia veramente esistito; ma poi torno indietro nel pensiero.
     Ci sono cose sacre, sulle quali non è lecito dubitare: perciò non dubito più che i miei genitori esistano, e nemmeno mio fratello. Col loro amore scontato, di cui mai saprò l’inizio.
     Eppure, continuo a dubitare dei dubbi che non ho avuto. E dei rimorsi, delle olive aromatizzate allo zenzero, del diavolo e della canaglia, del benefattore e dell’ingrato, dell’amico traditore e dell’amico per sempre, delle donne ignude, delle vettovaglie che mia nonna ancora prepara, quando parto da casa. Dubito che tutto questo abbia un senso, il senso straordinario che il cuore prepara dalla nascita, benché sia chiaro l’amore da un verso, e l’odio dall’altro. Un dubbio onnicomprensivo mi assale poi a notte fonda e nel tiepido mattino d’estate: che il problema del Male abbia un reale fondamento.  
     In generale, non riesco a credere di dubitare che dubito dell’esistenza di ogni corpo, corpicino e corpuscolo, rischiarato dalla luce del sole o celato nel fondo delle tenebre.
     Ma l’unica cosa di cui non posso dubitare – nonostante tutti i dubbi e le lacerazioni – quell’unica cosa, dico, sei tu.