Scena terza
Ivàn, Gentleman russo
Gentleman russo (in piedi). Se posso permettermi l’hai trattata un tantino male.
Ivàn. Zitto, per favore.
Gentleman russo. Ma quando capirai che lei ti ama realmente?
Ivàn. Non dovresti convincermi del contrario?
Gentleman russo. Caro colombello, c’è un punto in cui quanto vi è di esterno non più nulla contro la coscienza; questa è ciò che voi chiamate libertà. Per quanto io possa essere convincente, tuttavia non ti avrò convinto del tutto, qualsiasi cosa dica, pro o contro di lei, rimarrà una parte di te ancora inesplorata. Il giudizio spetta a te. L’ultima parola è la tua. Ed ora siamo ad un punto tale che qualsiasi mia propaganda è irrilevante: sceglierai senza condizionamenti. Sei libero, e tuttavia ora non vorrei essere al tuo posto…
Ivàn. Sono libero perché i tuoi condizionamenti non sono mai esistiti, dato che tu non esisti.
Gentleman russo. Pensala come vuoi. Allora cosa sceglierai?
Ivàn. Non devo render conto a te delle mie scelte.
Gentleman russo. Ma lei ti ama, santo cielo! Lo vuoi capire, filosofo decadente! E’ incredibile quanto tu sia intelligente, e quanto al contempo non capisca nulla di sentimenti!
Ivàn (alzandosi dalla sedia). Parla il gigolò! Se fossi incarnato, capiresti bene le menzogne che gli uomini rivelano a se stessi pur di sentirsi vivi. Sono patetici… no, io non appartengo a questa schiera. Katerìna Ivànovna non ama me, bensì ciò che potrei fare per lei in un ipotetico futuro.
Gentleman russo. Ebbene, quello non è forse un tipo di amore?
Ivàn. Non credo proprio. Lei, ingenua, pensa che saremmo felici, celando miseramente gli antichi rancori che ci inaridiscono… pensa alla famiglia, ad andare avanti… ma per che cosa? Nel nome di quale autorità? Nessuno riesce a spiegare il perché dello status delle cose. Dicono: « Esse sono così. E così bisogna fare ». Ma chi stabilisce che questa sia la vita? Katerìna Ivànovna non capisce queste istanze perché è una donna, e non è fornita di pensiero autonomo.
Gentleman russo. Francamente non le capisco neanch’io.
Ivàn. Tu non esisti, infatti.
Gentleman russo. Siamo d’accordo. Ed è per questo che ti dirò la parola definitiva sull’essere.
Ivàn. Te l’ha forse suggerita quel simpaticone di Dio? Ah, scusa. Neanche Lui esiste.
Gentleman russo. Ivàn! Ascoltami, ti prego. Ora ti parlo seriamente. Ti ho a cuore, e per questo desidero la tua salvezza. (Ghignando, poi serio. Pausa). L’essere è. E questo basta. Che esista un dio che imprima un senso o no, ha poca importanza, credimi. Il caso, la contingenza, il cielo, chiamali come vuoi, ti hanno dato l’opportunità di vivere con una donna che ti ama ed avere una famiglia, a cui possa insegnare il tuo mirabile spirito puro. Non sprecarla, Ivàn. La vita che hai davanti, ma che ti precede, darà da sola quel giorno la verità. (Ivàn abbassa il capo. Il gentleman rimane in silenzio, poi riprende la parola). La vita stessa è la verità… e non quella rachitica donna che attendi. (Gridando). Esci e va’ da Katerìna, e dille che sei pronto a sposarla! (Con voce tremante). O sarò io a vivere al tuo posto… (Silenzio protratto).
Ivàn (prostrato). Perché ora sei accomondante?
Gentleman russo. Te l’ho detto: perché ti ho a cuore!
Ivàn (irritato). Piantala!
Gentleman russo. Basta. Io vado, mi hai stufato. Ma bada, Ivàn… tornerò a guastarti il silenzio, tornerò ancora… e sarà l’ultima volta.
Ivàn (duro). Fa’ ciò che vuoi, canaglia… non ho certo paura di te!
Gentleman russo (ghignando). Addio, colombello!
Esce. Ivàn è solo. Crolla sulla sedia.
Scena quarta
Ivàn
Ivàn (camminando nervosamente per la izbà). Che fare? Persino il demonio mi chiede di sposare Katerìna Ivànovna, persino lui! Che abbia stretto un patto col diavolo, quell’angelica donna? (Irritato con sé). Puah! Che sciocchi pensieri! Angelica! Via, donne e uomini sono soltanto bestie, penose bestie. Lei non ha compreso la terribile verità… Potrei vivere soltanto con la figlia del bàrin. E’ brutta sì, ma io e lei non ci inganneremo, e potremo respirare a fondo la dolce aria della sera. (Con aria sognante). Sì, vivremo senza paraocchi, ma con la verità! Perché lei stessa è Verità.
Che importa se è brutta, e il suo volto non mi dice nulla? Devo amare ciò che lei porta…
Si ode un rumore di passi. Ivàn tace. Dinanzi all’uscio si intravede il bàrin in persona.
Scena quinta
Ivàn, Bàrin
Ivàn (con acribia). Salve mio bàrin! Vi prego, sedete. Vi preparo un tè?
Bàrin (poggiando il cappello sul tavolo, e poi sedendosi). Comodo, Karamàzov, comodo. Non sono qui per farti visita. Ti devo parlare.
Ivàn sbarra gli occhi. Silenzio.
Ivàn. Di vostra figlia?
Bàrin. Sempre arguto il nostro Karamàzov!
I due si guardano a fondo.
Bàrin. Allora, Karamàzov… perché rinunci a sposare la bella Katerìna Ivànovna, che ti ama in maniera quasi viscerale e di cui certamente anche tu sei innamorato?
Ivàn (deciso). Per sposare vostra figlia, padrone.
Bàrin. Ti interessano i suoi soldi o l’affrancamento dalla condizione servile?
Ivàn (visibilmente irritato). Nessuno dei due motivi, bàrin.
Bàrin. Su, Ivàn, non ti offendere. Devo essere certo delle tue intenzioni, altrimenti…
Ivàn (interrompendolo). Altrimenti nulla! Bàrin, vi chiedo formalmente la mano di vostra figlia. Abbiate l’accortezza di rispondermi ora: sì o no.
Bàrin. Calmo, Karamàzov… devi ancora spiegarmi perché rinunci alla leggiadra Katerìna.
Ivàn. Ve l’ho detto: per vostra figlia.
Bàrin (ghignando). Ah! Il fatto che tu voglia la mia piccola bàrysnja non giustifica il non volerne sapere di Katerìna. Tu la ami, ma non la ami.
Ivàn rimane in silenzio. Poi scruta il bàrin.
Ivàn. Di fatti, noi non ci amiamo.
Bàrin. Come puoi dirlo?
Ivàn. Vi farò un esempio, bàrin, un solo esempio, il più piccolo, il più insignificante. Ma basterà. C’era un uomo che diceva di amare sua moglie. Quest’ultima, stroncata da una malattia incurabile, in pochi mesi – negli anni più felici della loro vita – morì. E l’uomo che fece?
Bàrin. Attese tutta la sua vita per rivederla?
Ivàn (ghignando). Ah, come siete poetico! Peccato che il nostro uomo non lo fosse… si risposò dopo due mesi. E l’amore precedente?
Bàrin. D’accordo. Ma questo che inerenza ha con la tua Katerìna?
Ivàn. All’apparenza alcuna.
Silenzio protratto.
Bàrin. Su, Ivàn, non farti strappare le parole di bocca. (Ivàn, barcollante per un improvviso giramento di testa, siede. Reclina il capo). Ivàn!
Ivàn (con voce piatta). Non è nulla. E’ solo un po’ di febbre, che mi succhia l’anima… ah, lo sento… il verme sta tornando, e questa volta si prenderà la mia vita…
Bàrin (atterrito). Ivàn, sei molto malato. Dimmi perché non vuoi sposare Katerìna, su.
Ivàn (vaneggiando). Ah, l’ho dimenticato… lei, un angelo bianco, in vesti dorate, torna con l’essere… ma che stupidi pensieri… è tutto così maledettamente stupido… nessuno ci crederà… nessuno…
Bàrin (amareggiato). Ivàn, tu hai paura di amare!
Ivàn (destandosi un poco dal torpore). Mi siete nemico anche voi! Cosa volete che la sposi, come vuole il diavolo?
Bàrin. Non voglio niente, Ivàn. Sarai tu a scegliere. E’ perfettamente uguale, secondo il mio pensiero, se sposi Katerìna o mia figlia. Karamàzov, è il principio che ti guida… che cosa ottusa …
Ivàn. Ecco un altro filosofo! Che devo fare allora?
Bàrin. Sei libero di scegliere.
Ivàn (inquieto). Ne ho abbastanza della vostra libertà da padrone!
Bàrin (calmo). Se non ti avessi concesso libertà di scelta, mi avresti certamente ucciso.
Ivàn. Ma ora non posso scegliere, se non sbagliando. Ora dovreste costringermi…
Bàrin. Preferisci un tiranno ad un padrone illuminato?
Ivàn (prostrato). Io, io non voglio l’effimero, bàrin… non cerco le cose che finiranno miseramente, non cerco persone che siano sostituite da altre, come animali da compagnia, giacché di questo si tratta… io cerco l’essenziale… e vostra figlia, la bàrysnja, è la Verità. Non vi nascondo che adesso non la amo. Ma l’amerò, un giorno. E’ rachitica, è bruttina e certamente ha un cattivo carattere, ma l’amerò… per ciò che porta con sé…
Silenzio. Il bàrin si alza dalla sedia. Cammina per l’izbà.
Bàrin. Ebbene, la condurrò qui da te. Da un po’ l’aspettavi. Le ho sempre negato di farti visita, ma ora te la porterò, e forse vi sposerete. Troveremo il modo di accomodare le cose. Lavorerai con me, d’altronde il cervello non ti manca, lascerai questa scarna izbà. Ti darò una casa come si deve.
Silenzio protratto. Il bàrin rimane perplesso. Ivàn lo scruta.
Ivàn. Grazie, padrone, per la vostra disponibilità.
Bàrin (sempre più perplesso). Di nulla.
Ivàn. A cosa state pensando?
Bàrin (guardando l’orologio). Ivàn, ora debbo andare, s’è fatto tardi. Il prima possibile condurrò da te mia figlia, così avrete tempo per parlare delle vostre vite, dei vostri interessi.
Ivàn. Grazie.
Il bàrin si avvia verso l’uscio dell’izbà. Poi guarda indietro.
Bàrin. Karamàzov!
Ivàn (stancamente). Cosa desiderate, bàrin?
Bàrin. Stai molto attento… cosa ti dice che quella pura bellezza che hai scorto in Katerìna Ivànovna, quel terribile tremore che ti scuote quando guardi la foto, non sia anch’essa una verità?
Ivàn rimane in silenzio. Il bàrin esce.