Dubito di stare qui, in
questo momento. Dubito della murata rossastra nell’aula fumatori, a Palazzo Veterani, una volta spenta la sigaretta e
l’incanto. Ho un dubbio feroce riguardo all’esistenza dei miei genitori, e di
mio fratello. Sono in dubbio, se penso alla moltitudine di gente che ho
incontrato e incontrerò nella mia pur vuota esistenza. Se guardo indietro, se
guardo al mio scianco passato in sordina, sono dubbioso degli amici che ho
visto passare e dei miei gesti: le vittorie poco assaporate, le sonore sconfitte,
i miei sì, i miei ma, i no che ho proferito a me stesso prima che a gli altri, le verità
che ho audacemente nascosto per non soccombere.
Dubito dei sorrisi smaglianti della gente
da social-network. Diffido dalle
nuove generazioni già ricche di lingue straniere ed esperienze – a me ancora
precluse. Ho sospetto di chi ride ed è felice: ma anche di chi piange e si
lamenta per un cece nella scarpa. Mi riesce difficile non dubitare della
materia, viepiù se è guasta ed emana un cattivo odore. Per non parlare dello
spirito, così vacillante e incerto, evanescente: mi par giusto credere che non
abbia alcuna obiettività da sviscerare.
Dubito dei contenuti della morale, dei
vaniloqui immorali, della bestialità e dei cherubini, dei cuori in affanno e
dei pacemaker. Sono in serio dubbio, se
mi si parla di ére geologiche e guerre mondiali, se mi si vuol convincere che
l’Universo è infinito e gli etruschi siano di origine non indoeuropea. Se
guardo avanti, se guardo al futuro claudicante che mi attende, sono dubbioso
all’ennesima potenza: mi par nulla il mio seguito, e non ultraterreno, come mi
hanno insegnato da bambino.
Dubito di Dio, della Madonna e di tutti i
santi: alla faccia di chi crede che si creda sempre, e di chi mi offende se do
mostra di credere, senza crogiuoli e senza dubbi lancinanti. Dubito allora che
Gesù sia veramente esistito; ma poi torno indietro nel pensiero.
Ci sono cose sacre, sulle quali non è
lecito dubitare: perciò non dubito più che i miei genitori esistano, e nemmeno
mio fratello. Col loro amore scontato, di cui mai saprò l’inizio.
Eppure, continuo a dubitare dei dubbi che
non ho avuto. E dei rimorsi, delle olive aromatizzate allo zenzero, del diavolo
e della canaglia, del benefattore e dell’ingrato, dell’amico traditore e
dell’amico per sempre, delle donne
ignude, delle vettovaglie che mia nonna ancora prepara, quando parto da casa.
Dubito che tutto questo abbia un senso, il senso straordinario che il cuore
prepara dalla nascita, benché sia chiaro l’amore da un verso, e l’odio
dall’altro. Un dubbio onnicomprensivo mi assale poi a notte fonda e nel tiepido
mattino d’estate: che il problema del
Male abbia un reale fondamento.
In generale, non riesco a credere di dubitare
che dubito dell’esistenza di ogni corpo, corpicino e corpuscolo, rischiarato
dalla luce del sole o celato nel fondo delle tenebre.
Ma l’unica cosa di cui non posso dubitare
– nonostante tutti i dubbi e le lacerazioni – quell’unica cosa, dico, sei tu.
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