sabato 24 marzo 2012

Quattro tempi in calare


Ritiro

C’è una donna nel mondo che invano tu cerchi
tra le scarmigliate fate – vengono a sera, dal mare
pedalando. 

Lei è bruna del sorgo che brucia i pendii. Colline sole
i suoi lineamenti, terra rivolta la chioma, ha nel gesto
la viva canicola.
                    
Fresca lanterna, negli occhi sprofondano innati i segreti
delle notti d’agosto. Tronchi abbandoni ed echi di liuto
ne coronano l’ombra.

Beve d’un fiato, e t’insegna l’arsura, ma tu già rincorri
le scarmigliate fate – vengono a sera, dal mare
pedalando. 



Appunti d’estate

‹‹Ora hai tempo per scrivere››, dicono gli amici
tra il lezzo della foce e discorsi senza passione,
mentre riverberi di fuochi artificiali sono corpi
di annegati sul Foglia.

…………………………………………………

Dove – se nelle città l’incanto zoppica
tra i volti uguali di donnette scosciate
se la folla, sazia, è un vuoto più grave
di questi muri che strozzano il canto
            dove trovarti?



Igiene personale

Scrivere la disperazione è un raro martirio. Non tutti
si gloriano della ferocia, pur lucida, di un Pagnanelli
o di un Pavese.

Mentre saluto altre chiome di fiaba, altre paia di spalle
e sguardi d’estate sepolti vivi nelle riviere
– tutto è reale.

D’un balzo la poesia, come tigre
sbrana il domatore.



De inanitate

Fiaccole immobili agitano ombre
sui volti intermittenti degli uomini.

Che la poesia fosse inutile –
lo credevo, e in questo assurdo s’erge
il mio folle eroismo. Ma ancora adesso
sono vivo.

Qualcosa dev’esserci pur stato
tra le sempiterne cadute.

(un flusso che spazza le foglie
                          e muove i calzari)

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