venerdì 20 aprile 2012

I quattro dell'Apocalisse

Due romanzieri russi, due poeti italiani: i quattro dell’Apocalisse. Due ribelli sgargianti, due compagnoni in toga: i quattro della mia vita. Ve l’immaginate ora, sir? Potete dismettere il chiodo fisso, del tutto vostro, delle chiare et fresche et dolci acque del Vermont e concentrarvi su di loro, machi e belloni, fustacci?
«Ditemi i loro nomi, per Giove.» Yes, sir. Essi sono, in ordine temporale: Virgilio, Dante, Dostoevskij, Bulgakov.
«Voglio sapere tutto. Andiamo a metterci comodi in una qualche locanda di San Gimignano, sbevazziamo e parliamo di letteratura: ne ho bisogno. Ho bisogno d’ascoltare cosa sia il perno della salvezza, e perché quei fustacci vi rimangano così inspiegabilmente a cuore. Un bel grappino al tritolo e tutto si risolve. Già sento i polmoni carichi e piromani. Andiamo in locanda, andiamo, razza di sciagurato.» No, sir.
«Perché no?» Nelle locande ci sono le locandiere. Le locandiere danno vino stagionato, pescato dalla feccia del loro barile. No, sir. Ho chiuso una volta per tutte con le locandiere. La locandiera della mia vita è impazzita d’un colpo. Si dà alla pazza gioia, fa sbornie, è un Erinni, un grifo malcielo. Ed è per questo che ora mi armo di penna che non è una penna, e di parole che non sono parole. No, sir. Non in una locanda. Ho patito troppo per le locandiere.
«Seguimi, mela marcia. Conosco locande sguarnite di locandiere…» E che dire quando uno è così accorto? Lo si segua col sole d’aprile che sfibra le grate col suo debol tepore. Sono baccelliere. Sir, ricordami così.
E poiché lo studio mi viene a noia, narro. Narro – a quanto pare – una losca Inchiesta e di certe coincidenze avvenute in settimana: gli scrittori morti si rincontrano. Maigret gli arresta, nell’ora in cui calano le maschere.
Ma non è settimana come le altre: c’è il santo di mezzo, e l’angelo.
«Che ruolo hanno i quattro dell’Apocalisse?» Spostano gli equilibri meridiani del mondo, poiché non vi è che un solo mondo: quello letterario. Gli altri sono scioccamente finti. Si vive solo nell’opera. Ed essi sono i testimoni dell’opera.
«L’opera di chi? Razza d’uomo teologico: sei peggio d’un rallo, d’una folaga. Parla di storia piuttosto.» La storia non esiste. Avete mai visto un ciliegio e un eucalipto presentarsi in veste storica? Sarebbe ridicolo, perché per loro non c’è il tempo dei capricci. Esiste la coscienza teologica e il suo martire, non la storia: mito d’Europa. E comunque finiamola con questo arrancare e ordiniamoci una torcibudella. Locanda assai fine, rossetta, glabra. Varia umanità ivi brulicava altezzosamente.
«Guarda là in fondo.» Lei. M’aveva ingannato il sir. M’ha portato proprio nel luogo in cui meno volevo stare: vicino a lei. Vicino a lei. Batto i denti per soffocare un rantolo d’emicrania. Fa per avvicinarsi in prospettiva dell’ordine. La fulmino: diva, ditirambo vivente, dispeptica! Guai a te se fai un altro passo! Conduco una vita speleologica a furia di inchiodarti, ma tu nulla. Sta d’accordo. Sta bene. Io sono un putridume, ovviamente: eppure ho dalla mia parte i quattro. Essi hanno una V, due D, una B per iniziali.
Che dico a fare? Sei illetterata: potrai mai intendermi? Per giunta, ora frequenti ometti che non ti offrono nessuno stimolo, nessuna pietanza tesa a satollare l’anima tua anoressica e strisciante.
 Mi dà nausea il tuo volto irrughito e butterato dal troppo punch e dall’erba. Ubriacona! Guarda come continuo, nello strapparmi i capelli, le pustole e il cuore, guarda come continuo a dar gioco alle apparenze. Sto qui, rimango, siedo, do retta a un sir provincialotto. Bevo anch’io – scrutatore, ma solo per vedere dove arriva la tua immondezza.
Sei sacra, sei strega. Sei lercia, incurvita: scipita. Provo una strana goduria nel vederti così infelicemente imbruttita dal caso e dagli atti. I tuoi bagordi esigono pure un prezzo. Lo sapevo io, sì lo sapevo fin da prima: sempre nelle locande ci sono locandiere!
«Ora basta. Hai detto abbastanza, rivendicando la tua personale rivolta col vessillo dei quattro. Andiamocene. Ma prima dimmi: sei sicuro di voler fare a meno dei suoi servigi, anche in un lontano futuro?» Yes, sir.

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