venerdì 10 febbraio 2012

Il corridoio (una favola)

I

Mi alzai presto quella mattina: una giornata piena, ricca di impegni e di noiosi appuntamenti che non potevo assolutamente rimandare. Così uscì dalla impalpabile quiete del dormiveglia e ancora stordito dal sonno avanzai alla finestra per aprirla. Fuori mi si presentò una bellissima giornata: il sole non ancora sorto, una luce rosata sopra le colline ad annunciarne l’imminente arrivo. Solo un gruppetto di nuvole, bianche e innocue occupava quel cielo altrimenti terso e sembravano scappare dalla luce, dirette verso la parte di cielo ancora scura, come a nascondersi dall’arrivo del giorno.
Un’ aria fredda e frizzante sulla pelle mentre osservavo il mondo da quella finestra. L’osservavo distrattamente, come un mendicante una tragedia dalla porta del teatro rimasta aperta per la distrazione altrui, che guarda lo spettacolo senza interesse, sperando solo che all’uscita qualcuno gli lasci qualche spicciolo, e tuttavia l’unico a capirla.
Quando uscì di casa non c’era più traccia delle nuvole, il cielo ormai schiarito completamente; forse si erano andate a rifugiare oltre l’orizzonte, dove restava il cielo ancora scuro.
Camminavo tranquillamente; nessuno per strada, solo qualche gatto sulle macchine a stiracchiarsi e qualche cane, finito di annusare i fantasmi della notte, a riprendersi possesso del proprio territorio fra pali e pattumiere.
Andai tranquillo, osservando quel mondo che lentamente si risvegliava. Provavo una gran pace nel pensare a chi, nel medesimo istante del mio pensiero, godeva ancora del sonno, mentre io, nel mio lento incedere, potevo osservare le strade nell’istante in cui si presentano libere dall’uomo.
Arrivai di fronte ad una porta. Tante ne avevo già passate immaginandovi all’interno donne ancora assonnate preparare la colazione. Ma di fronte a questa, qualcosa, senza ragione, attirò la mia attenzione e mi spinse ad aprirla. Non volevo perdere tempo, tante commissioni ancora: non potevo permettermelo. Ma la curiosità mi aveva ormai vinto e un passo dopo l’altro mi avvicinai alla porta, la trovai socchiusa, dal battente evadeva uno spiraglio di luce. «Solo un’occhiatina, poi torno alle mie commissioni.» Cercai di scorgere qualcosa dallo spiraglio che senza resistenza mi cedeva; tuttavia non riuscii a vedere nulla fino a che, con un po’ di timore, la spalancai. Una stanzetta perfettamente quadrata in cui non c’era assolutamente nulla, tranne un’altra porta dalla parte opposta.
Rimasi turbato, ma la curiosità a quella vista aumentò e mi spinse ad entrare con l’intenzione di aprire anche l’altra porta. Non feci in tempo a fare un passo all’interno della stanza che la porta alle mie spalle si richiuse. Con un balzo di paura indietreggiai e cercai di riaprirla per uscire da quella stanza così misteriosa, ma la porta non cedeva. Per quanto mi sforzassi era impossibile tornare indietro.

(Continua)

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