Giudice: Lei chi è e cosa vuole?
Poeta: Sono poeta. E non voglio niente.
Giudice: Essere poeta non è una giustificazione.
Poeta: Di fatti, attendo con ansia la mia condanna.
Giudice: E chi l’ha coronato ‘poeta’?
Poeta: Non sono gli uomini a dirlo. Ma i tempi.
Giudice: E quale tempo le pare mai questo?
Poeta: Un tempo senza poeti, né poesia.
Giudice: Da dove viene la poesia, allora, se non dai tempi?
Poeta: La Poesia viene da Dio.
Giudice: Quale dio? Zeus, Elì, Allah, Anubi, Sòter, Thor, Baal, Buddha, Siddharta, Sitting-Bull, Muflone?
Poeta: Sa bene di quale dio parlo.
Silenzio.
Giudice: Come si permette di giungere fin qui, nell’orbis oeconomicus, a parlare di Poesia?
Poeta: Non conosco altro di cui valga la pena parlare.
Giudice: Parlare di poesia è, forse, cosa utile?
Poeta: No, lo è parlare di Dio. La Poesia è un mezzo.
Giudice: Lei è solo un millantatore.
Poeta: Se credere in Cristo è millanteria, io sono millantatore.
Giudice: Lei canta a voce alta di speranze bugiarde e deleterie.
Poeta: Se cantare di Cristo è menzogna, io sono bugiardo e deleterio.
Giudice: Lei è fuori dal tempo, ostacola il progresso, infanga la scienza, deturpa l’economia.
Poeta: Se discorrere di Cristo è fuori dal tempo, io ostacolo il progresso, infango la scienza, deturpo l’economia.
Giudice: Sarà castigato a dovere per queste bestemmie contro la società.
Poeta: Se fare il nome di Cristo è bestemmia contro la società, io sono il grande bestemmiatore.
Silenzio.
Giudice: Per il male che fa al mondo intero, la condanneremo al silenzio.
Poeta: Sarà la vostra stessa condanna.
Giudice: Perché?
Poeta: Perché la Poesia è dentro di ognuno.
Giudice: E cosa dovremmo fare per evitarla?
Poeta: Dovrete torcervi le orecchie, rigarvi gli occhi, serrare la bocca per non ascoltare.
Giudice: La sua parola graffiante?
Poeta: No.
Giudice: Il suo timbro assordante?
Poeta: No.
Giudice: E cosa?
Poeta: Il silenzio di Dio.
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