martedì 25 gennaio 2011

La verità, atto unico, scena IX-X

Scena nona
Detti, più Katerìna Ivànovna e Bàrin

Katerìna (con orrore). Ivàn, angelo mio, cosa ti succede?
Ivàn (debolissimo). Katerìna…
Katerìna (tenendo fra le lacrime il capo di Ivàn). Caro, sta arrivando il dottore… ti guarirà… sono certa che ti guarirà…
Ivàn. No, Katerìna. E’ giunta per me la fine… ma voglio dirti ancora qualcosa… (vaneggiando) ah, come vorrei continuare quei nostri discorsi nel verde, in mezzo alla natura aggressiva che noi insieme dominammo… Katerìna, voglio dirti qualcosa… qualcosa che mai ti ho detto…

Silenzio. Ivàn è sul punto di svenire per lo sforzo.

Katerìna (lagrimando). Ivàn, cosa vuoi dirmi? Ivàn…
Ivàn (dimenticando il precedente detto). Dov’è la bàrysnja? Dov’è la Verità?
Gentleman russo (ghignando). Ah, ah! Cerca ancora la tisica!
Ivàn. Stai ancora all’ombra? Vieni qui, canaglia, non occultarti più alla loro vista!
Katerìna (apprensiva). Con chi parli, caro?
Ivàn (ghignando). Con il niente!

Il bàrin cammina silenziosamente per la stanza.

Ivàn (rivolto al gentleman). Preparati, imbellettato dei miei stivali, preparati a prendere il mio posto! (Ridendo ad alta voce). Ah, ah! Non ci riuscirai! Ho ancora logica… sì, logica…

Si ode un rumore di tacchi. Dianzi all’uscio compare una figura.

Scena decima
Detti, più La Verità

Gentleman russo (con stupore artificioso). Parbleu! Eccoti accontentato, colombello. (A voce bassa). E’ più brutta di quanto raccontino i poeti e i filosofi.
La Verità. Buonasera, Karamàzov. Voi avete chiesto la mia mano al bàrin?
Ivàn. Sissignora. Vi attendo da molto tempo.
La Verità. Lo sapete, Ivàn, che sono tisica. Sono molto malata. Ma quanto più sembra che stia per morire, tanto più rinvigorisco, come la primavera dopo il grande e arido inverno. Siete così sicuro di volermi sposare?
Katerìna (con durezza). Bàrysnja, io amo Ivàn, e vi chiedo di rinunziare.
La Verità. Se egli vuole sposarmi, non potete impedirlo. Suvvia, signorina, fatevi da parte.

Ivàn scruta La Verità da cima a fondo. Il bàrin passeggia ancora.

Ivàn. Bàrysnja, non posso sposarvi.
La Verità (con ironia). Sono forse troppo brutta per voi?
Ivàn (con stanchezza). Io sono sul punto di morire, nonostante sia ancora sorretto da un po’ di raziocinio… ho la febbre celebrale…
La Verità (impassibile). Come vi è venuta, se posso saperlo?
Ivàn. Credevo che la vita non fosse giusta, ed ho cominciato a pensare. Ma ora che vi ho vista…
La Verità. Credete che sia giusta la vita?
Ivàn. No. Reputo soltanto che la vita sia quello che sia.

Ivàn sviene. Nella stanza c’è trambusto. Pian piano si riprende, ma è chiaro che la situazione è precipitata.

La Verità (impassibile). Ivàn, ancora un’ultima cosa. Se vi fosse concesso di vivere quel che basta per sposarvi, chiedereste ancora la mia mano?

Katerìna guarda Ivàn a fondo. Il bàrin passeggia ancora per la stanza. Il gentleman russo comincia a farsi strada tra le ombre.

Ivàn (stremato). No, bàrysnja, non chiederei la vostra mano. Se dovessi essere ad un bivio, tra Katerìna Ivànovna e voi, La Verità in persona, sceglierei Katerìna Ivànovna. Giacché voi siete la parola di ognuno, quel detto sempre chiamato in causa, e dunque usurato e tisico ad un tempo, mentre ella – ora ne sono certo – è la mia parola.
La Verità. E sia.

Ivàn muore. Katerìna si getta a terra dalla disperazione. Il gentleman russo si dilegua, mentre il bàrin passeggia ancora.

SIPARIO

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