lunedì 31 gennaio 2011

Il non-senso della brutta faccia e dell'articolo di Odifreddi

Vorrei commentare in due battute il deprecabile articolo del professor Piergiorgio Odifreddi, apparso sul blog di Repubblica, il 25 gennaio. Questo è il link, per chi si volesse fare quattro risate: http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/2011/01/25/umanesimo-in-via-destinzione/

Non mi soffermerò sulla foto di copertina dell'esimio studioso, scienziato militante quant'altri mai, critico pungente dell'estetica biblica (sic!), dal grugno assai simile all'iconografia tradizionale del Belzebù di Bosch o del Lucifero decaduto, di cui abbiamo un'immagine eloquente:



Vorrei piuttosto dire al "Signore delle Mosche" che gli studi letterari non sono (nell'accezione 'ontologica' del verbo) scientifici, cioè non traggono la loro dignità veritativa dalla scienza, poiché il loro sostrato 'ontico' è assai differente, se non opposto al grigiore oggettivo dei luminari in camice bianco. La poesia raggiunge la verità per vie traverse, e millenni di tradizione sono lì a testimoniare. Omero, Sofocle, Tucidide, Virgilio, Orazio, Tacito hanno forse stilato opere 'false', perché 'non-scientifiche'? Io credo che essi siano oltremodo importanti per la nostra crescita intellettuale, poiché hanno esplorato gli abissi dell'animo umano o semplicemente hanno cantato la mirabile bellezza delle cose. La letteratura è una maniera opposta e tuttavia complementare alla scienza, se si vuol ricercare compiutamente la verità dell'essere. 
Il calo degli iscritti al classico o allo scientifico 'classico' è dovuto all'ignoranza di spirito di gente come il nostro Satanasso, il quale non esita a blaterare panzane sull'imminente morte dell'humanitas, che può coincidere soltanto con la morte dell'uomo in sé. Vorrei soltanto rivolgere una domanda al dotto matematico:  dove ha dedotto il non-sense dell'esistenza? Forse che lo ha scorto nelle sue inutili parole?
E' davvero un peccato che la vita sia un non-senso (come appare chiaro dal titolo del suo blog): essa ci spiegherebbe perché Odifreddi è ancora qui a sparare immonde cazzate!

6 commenti:

  1. Vorrei porre l'attenzione alla risposta che Daniliv dà, sul blog di 'La Repubblica' al 'matematico impertinente; secondo me molto lucida e lungimirante.

    M.G.

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  2. E' ovvio che gli studi letterari non siano scientifici. Inoltre è un pensiero certamente condiviso anche da Odifreddi che poesia, letteratura, arte ed umanesimo in generale siano importanti. Ne è prova il fatto che in diversi suoi libri egli fa riferimenti letterari o legati alla musica e si serve diffusamente del greco e del latino per studiare il signifiato etimologico delle parole.
    L'articolo invece critica nella prima parte i criteri di valutazione dell'operato delle facoltà umanistiche, che non sarebbero paritari rispetto a quelli delle università scientifiche, e ciò dipenderebbe dall'esistenza di una certa lobby di umanisti. Nella seconda parte poi parla in particolare del problema del latino fra le materie del liceo scientifico. In tutto questo non vedo una critica all'umanesimo in sé (il titolo è fuorviante, me ne rendo conto).
    Certo, il modo di scrivere di Odifreddi tradisce in qualche punto il suo immancabile sarcasmo ed una certa aria di superiorità che contraddistingue anch'essa quasi tutti i suoi scritti e che può risultare difficile da digerire anche per chi, come il sottoscritto, non è preventivamente in disaccordo con i temi affrontati. Non va per questo ignorato il fatto che se si giudica l'operato e la produttività di una università bisognerebbe farlo in maniera il più possibile oggettiva e senza favoritismi. Personalmente credo che fra i sette membri dell'Anvur si potesse trovare posto per un umanista (togliendolo ad esempio almeno ad uno tra i due economisti). Concludo riportando un commento del professor Odifreddi al suo stesso articolo che chiarisce abbastanza bene la sua posizione:
    "io ho detto semplicemente due cose:

    1) che i criteri per valutare la produzione scientifica dei ricercatori e professori delle facoltà universitarie umanistiche dovrebbero essere gli stessi di quelli a cui sottostanno ricercatori e professori delle facoltà scientifiche.

    2) che il latino dovrebbe essere abolito dal liceo SCIENTIFICO a 27 ore, perchè la sua presenza penalizza le scienze in un corso di studi che, per definizione, ad esse dovrebbe essere dedicato."

    Saluti,
    Rosario

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  3. Grazie Rosario per le chiarificazioni. Riguardo alla prima puntualizzazione del professor Odifreddi, non sono per nulla d'accordo: non credo che la 'produzione' dei professori e dei ricercatori delle materi umanistiche possa considerarsi 'scientifica', proprio perché vi è una differenza di fondo sostanziale tra i due ambiti (lo scientifico e il letterario) che è scarsamente riconosciuta. Per tale ragione reputo errata non solo la posizione di Odifreddi, ma anche il suo, per così dire, fondamento filosofico, il quale presuppone una certa 'volontà di potenza' dell'ambito scientifico (Heidegger la chiamerebbe 'tecnica).
    Poi non credo che abolire il latino, seppur da un liceo scientifico, sia una buona mossa: l'eccessiva specializzazione dell'era moderna ha reso gli studiosi fortissimi nei loro campi e assai deboli da un punto di vista di conoscenza generale, cosa oltremodo riprovevole per chi cerca la verità delle cose. Uno scienziato imbevuto di letteratura credo possa avere una maggior cognizione e 'visione' anche della sua stessa materia (sto pensando a Galileo, Jung, Russell).

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  4. Sono d'accordo con le considerazioni riguardanti il latino. Non sono invece sicuro che l'ascientificità delle materie umanistiche ponga di conseguenza le facoltà che di esse si occupano in una situazione di ingiudicabilità. Credo ad esempio che parametri quali la preparazione e la competenza dei docenti, la qualità dei servizi offerti agli studenti, l'uso delle risorse, il numero e la qualità delle pubblicazioni dei ricercatori e così via, siano comuni a tutte le facoltà e possano essere osservati, giudicati e corretti secondo criteri oggettivi senza penalizzare nessun dipartimento o facoltà e senza compromettere né creare alcun controsenso verso il carattere non scientifico delle discipline umanistiche.

    Saluti,
    Rosario M.

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  5. @ Rosario M. Sono perfettamente d'accordo con lei riguardo la necessità di un giudizio oggettivo verso tutte le facoltà, senza esclusione di quelle 'umanistiche'. Il problema di fondo è che spesso, i criteri di giudizio per così dire 'scientifici', tengono conto dei risultati immediati, evidenti delle varie ricerche, quando le ricerche umanistiche tendono spesso ad avere risultati riconoscibili solo a lungo termine, e non immediatamente osservabili. Dal momento che i criteri di giudizio riguardano spesso la 'produzione': le ricerche di economia producono 'valori', le ricerche di ingegneria producono 'innovazioni tecniche' ecc.; dal canto loro, quelle umanistiche producono idee, e queste ultime spesso sono di lenta digestione e solo a posteriori sono osservabili lucidamente e giudicabili.
    M.G.

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  6. Si tratta, a questo punto, di due questioni differenti.
    Un conto è affermare che anche le facoltà umanistiche devono sottostare a rigidi parametri di giudizio, un altro è voler sottoporre gli studi di cui si occupano a criteri elaborati per ricerche di tipo esclusivamente scientifico.
    Il fatto che tra i membri dell'Avur non figuri nemmeno uno studioso di letteratura, arte, storia o filosofia è un chiaro segnale che ad essere messa in discussione non è solo l'offerta formativa di un corso o la preparazione dei docenti, ma il fondamento stesso che regge il nostro operare, giudicato inutile perchè incompatibile con le verità matematiche e oggettive delle altre discipline. Un ragionamento di questo tipo è il primo passo per snaturare l'essenza dell'uomo, è inutile ripeterlo.
    Non per nulla il buon Rosario auspicava che si trovasse posto anche per un umanista tra i sette dell'Avur.

    A.Z.

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