Ho letto il tuo nome inciso
nei pannelli della metro.
M’è passato il tuo volto per la mente,
mentre, guardando oltre il vetro,
prima della fermata, i neon
scorrevano lentamente.
Pensavo a come sarebbe facile incontrarsi
o non incontrarsi
per l’inerzia d’un secondo,
nel tempo della frenata che stride,
per colpa di gente che si frappone
malamente e che divide.
Potresti essere nel treno già partito
o nel mio stesso vagone;
nella direzione opposta, nell’altro
serpentone che affianca muri in disarmo.
Potresti essere a due metri da me,
ma nascosta dalla coltre del dio infero
che ti confonde
con altre anime,
perché ti vuole per sé.
Potrei avere un abbaglio
e seguire una tua imago,
forgiata ad arte per depistarmi,
in modo da svagare divinità annoiate
con una guerra insensata.
Potresti avermi visto senza dir nulla:
e io potrei non averti riconosciuta.
Poiché non si riconosce
ciò che troppo presto si perde.
Forse così il destino si diverte.
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