sabato 4 giugno 2011

«Dichi, Vendola, dichi»

Nichi Vendola in Urbino al Festival della felicità, perdindirindina.
Precisiamo: il presente non è un articolo polemico contro l’arguto rètore apulo, il quale ha ultimamente dimostrato d’esser il vero campione della democrazia, dopo l’assai schietto ‘fanculo’ in virtù del quale ha ridotto al silenzio il portavoce del Pdl, Gaspare; fatta questa inutile premessa, certo è che qualcosa da dire la dovremo pur dire.
Sicché: a parte il fastidioso sibilo con cui è solito condire le sue ‘frassssssssi’, non esiterei a definire Vichy un demagogo misticheggiante, un metropolita glossocratico, una menade del rococò lessicale (tanto per fornire un assaggio del suo stesso background linguistico).
Un esempio su tutti:
«Quessssto mito della bellezza fassscinosssa! Ma di quale bellezza sssi parla? Delle sssinuose gambe della $$$$antanchè, del favolissstico ideal-tipo delle veline? Forssse che i malati, gli sssstorpi, le persssone con handicap sssiano da conssssiderarssssi e da definirsssi ‘brutti’? La bellezza giace e perdura nel lavoro, nella fatica (et cetera et cetera)…». Pioggia d’applausi del pubblico urbinate, logikw^j[1]. Quichi ghigna, soddisfatto della sua performance.
E’ lampante che quel serpente d’un Michi sia un abile venditore dei suoi stessi traumi, ma il punto è questo: nessuno di noi ha mai detto che quel dirigibile della Santanchè sia appetibile, né tanto meno che sia pudica e leggiadra (lo stesso dicasi per le veline, attanagliate come sono da una dislessia direttamente proporzionale alla sobrietà dei loro stacchetti); in parallelo, nessuno di noi s’è mai sognato di prendere in giro un infermo per via della sua presunta ‘bruttezza’. Ergo: Chichi s’è inventato di sana pianta un problema inesistente (perlomeno a livello locale), pur di ciondolarsi edonisticamente nello scroscio degli applausi montefeltreschi. Questa la nostra interpretatio[2].
Ciò nonostante, qualcosa di buono Zichichi l’ha fatto: ha citato Gesù, Isaia, Ezechiele, Zaccaria e metà Antico Testamento, strappando anche in tal frangente un deciso plauso agli astanti urbinati, i quali, lo si sa, per noti motivi storico-metafisici, vomitano ettolitri quadri di bestemmie al giorno. Quindi, riprendendo un antico proverbio rinascimentale, diremo: meglio un terrone cristiano e sibilante in casa, che un marchigiano ubriaco che bestemmia dietro la porta.
Comunque sia, sembra davvero che Psychi, quando non è incalzato dal nemico autocrate, dia il meglio di sé in fatto di vernacolo oclocratico. Riportiamo parte della sua arringa finale:
«Il porgi l’altra guancia del Cristo è stato intessuto d’una semantica strutturale acerba e, a grigi tratti, variopinta. Pensateci. Quando uno mi tira uno schiaffo (e farebbe bene NdR) e io gli rispondo con due, battendolo (non credo che ci vogliano solo ‘due schiaffi’ NdR), non oppongo al vero alcun sistema culturale a quello di base, impostomelo. Sì certo, ho vinto in termini militari, ma non relativi alla cultura, istruttivi, formativi, poiché ho soggiaciuto alla sua precedente ingiunzione di porre un linguaggio somatico e una comunicazione univoca e solipsista[3]: egli quindi mi ha vinto[4]. Invece col porgi l’altra guancia avrebbe vinto me medesimo, in quanto avrebbe istituito una differente facies (di schiaffi NdR) allocutiva e performativa. Ecco tutto». Perdincibacco, che chiarezza esplicativa!
Dopo qualche secondo di panico nero e smarrimento, l’uditorio urbinate risponde ancora con un plauso a carattere torrentizio.
Gli è che, a onor del vero, non possiamo lamentarci troppo della te/knh r9htorikh\ del Tychi per un semplice motivo: a ognuno il Presidente del Consiglio che si merita: a ognuno l'opposizione che si merita.


[1] Dal greco classico, significa: «logicamente».
[2] Dal latino classico, significa: «interpretazione».
[3] Dal vendoliano classico, significa «un cazzo».
[4] Sillogismo dalla dubbia linearità.

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