«L’unione tra me e Odette è una necessità cosmico-storica. L’altro giorno è accaduto così: bevevo un caffé e mi son detto: ‘Diavolo d’un uomo, non lo senti che ella t’ama?’. Vedrai, compagno di sbornie, quel che accadrà fra qualche anno…», disse in tono minaccioso uno ad un altro.
«In che senso è una necessità?», domandò l’altro all’uno.
«Nel senso che l’Eterno e l’Indissolubile hanno già stabilito, fin dalla notte dei tempi, il nostro legame. Le circostanze mi daranno ragione. Sono pronto a scommetterci…», dichiarò l’uno all’altro.
«Sicché tu credi nella predestinazione?», chiese l’altro all’uno.
«No. Ma credo nell’Assoluto», esclamò uno dei due.
«E il libero arbitrio?», s’udì un suono indistinto.
«Questo non saprei proprio. Ma ti assicuro che, sebbene ci dividano migliaia di assurdi chilometri, anni interminabili, secondi infami, luoghi invisibili, sebbene la Vicenda ci distolga dai reali avvenimenti, io ti dichiaro, compagno, che l’unione tra me e Odette sia certamente una necessità cosmico-storica…», gridò pieno di fervore l’uno.
«Può darsi che sia così, nessuno osa negarlo. Ma, razza d’istrione, vuoi essere serio una buona volta! Vuoi prendere un treno, un’automobile, un mezzo di locomozione, una qualsiasi ferraglia e correre incontro alla necessità? Sei qui, immobile, nell’ampia stanza scricchiolante a scrutare il mondo dal di fuori come una bacca spremuta nella mano del fattore. Ma i fattori muoiono, e le bacche restano nelle macchie selvatiche», sbraitò l’altro.
«La necessità busserà alla mia porta…».
«Vedi porte in questa stanza?».
L’uno si sporse dal divano, al sorriso dissennato dell’altro, e vide soltanto il lungo, interminabile corridoio.
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