(Rossana, al balcone. Cirano e Cristiano, nascosti dietro gli alberi)
CIRANO:
Lasciatemi coglier questo pretesto
dell'occasione che qui ci offre il potersi
parlare sì dolcemente, così.
ROSSANA:
Senza vedersi?
CIRANO:
Ma sì, è incantevole, ci indoviniamo appena.
Voi sentite un mantello che del nero si svena,
io intravedo un biancore di veste che vapòra.
Io non sono che un'ombra, voi l'eco di un'aurora.
E immagino di non avervi mai parlato avanti…
ROSSANA:
È vero, i vostri toni erano meno stimolanti.
CIRANO:
Sì, perché nel buio che mi va proteggendo
io oso essere me stesso e oso… Stavo dicendo?
Ah, non so, è così tutto… scusate l'emozione…
così delizioso, così nuova occasione.
ROSSANA:
Così nuova?
CIRANO:
Sì, d'essere sincero. La paura
di essere dileggiato contro di me congiura.
ROSSANA:
Dileggiato?
CIRANO:
Ma… per uno slancio. Sì, il mio cuore
del mio spirito sempre si veste per pudore.
Ah, lo spirito è inutile in amore! È da canaglia
prolungare in amore l'inutile battaglia.
Il momento poi viene, senza un ripensamento,
e rimpiango coloro a cui non tocca un tal momento,
quando sentiamo in noi che un amore nobile esiste
e che anche un lieve cenno lo può rendere triste.
ROSSANA:
Sì, il momento è questo e ci offre ora il suo frutto.
Che cosa mi direte?
CIRANO:
Ma tutto, tutto, tutto,
così come sarà darò ciuffo per ciuffo
senza farvene un fascio. Vi amo, e mi ci tuffo,
t'amo! Son pazzo, non ne posso più, è troppo!
Ed il tuo nome in gola è un nodo, un cappio, un groppo.
Di te io mi ricordo ogni fatto, tutto ho amato.
Io so che un giorno, il dodici maggio l'anno passato,
cambiasti, per uscire al mattin, pettinatura.
Fu come un nuovo sole, la tua capigliatura.
Ti è chiaro allora adesso? Infin lo vuoi capire?
Senti l'anima mia nell'oscurità salire?
Oh, è vero che stasera c'è un sogno intorno a noi.
Io che vi dico questo, voi mi ascoltate, voi.
Be', è troppo. Nella speranza più modesta
mai ho sperato tanto. Per questo non mi resta
null'altro che morire. È per i miei sussurri
ch'ella trema furtiva lassù, tra i rami azzurri?
Scende il tremor bramato dalla tua mano insino
all'ultimo dei fili di questo gelsomino.
ROSSANA:
Sì, io tremo, e io piango, e cedo alla tua corte,
tu mi hai inebriata.
CIRANO:
Allor venga la morte…
Quell'ebbrezza, è la mia, che ha espugnato la rocca.
Io non domando altro che chiedervi…
CRISTIANO:
la bocca!
ROSSANA:
Eh? Cosa? Voi chiedete…?
CIRANO:
Sì, io… vai troppo in fretta!
CRISTIANO:
Visto che è tanto scossa, e diamoci una stretta!
CIRANO:
Sì, io ho chiesto, è vero… ma santo cielo!…
però quello che dico non è sempre vengelo.
Il bacio… no!… fa niente, la richiesta è precoce.
CRISTIANO:
Perché?
CIRANO:
Crepa, Cristiano!
ROSSANA:
Che dite a bassa voce?
CIRANO:
Sono andato lontano, e non ho un'attenuante.
Io mi dicevo: "Taci Cristiano, un istante!"
CRISTIANO:
Ottienimi quel bacio!
CIRANO: Aspetta!
ROSSANA:
Sono sola?
CIRANO:
Parlavamo di un bacio…
ROSSANA:
No…
CIRANO:
Sì, è dolce la parola.
ROSSANA:
Tacete.
CIRANO:
Un bacio… ma cos'è, così d'un tratto?
Un giuramento reso tra sé e sé, un patto
più stretto... È come un traguardo che insieme è un avvio,
un punto rosa acceso sulla "i" di "amore mio",
un bisbiglìo alle labbra perché l'orecchio intenda,
il brivido del miele di un'ape che sfaccenda,
una comunione presa al petalo di un fiore,
un modo lungo e lieve di respirarsi il cuore
e di gustarsi in bocca l'anima poco a poco.
ROSSANA:
Tacetevi, vi prego.
CIRANO:
Sì, taccio o vado a fuoco!
Sali!
CRISTIANO:
Però adesso mi sembra che sia male…
ROSSANA:
Ci siete sempre?
CIRANO:
E monta, gran pezzo d'animale! (Rossana e Cristiano escono)
[trad. it. di Oreste Lionello]
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