lunedì 14 marzo 2011

Pace non trovo e non ò da far guerra (sonetto CXXXIV)



Pace non trovo e non ò da far guerra,
e temo e spero; ed ardo e son un ghiaccio;
e volo sopra ‘l cielo e giaccio in terra:
e nulla stringo, e tutto ‘l mondo abbraccio.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
e non m’ancide Amor e non mi sferra,
né mi vuol vivo né ni trae d’impaccio.

Veggio senza occhi e non ò lingua e grido;
e bramo di perir e cheggio aita;
ed ò in odio me stesso ed amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte e vita:
in questo stato son, Donna, per voi.

1 commento:

  1. Questo sonetto è una foto dell’animo del poeta. Le parole scorrono come le note in un pentagramma instabile, salgono e scendono dai righi e..non trovano pace, quasi ad indicare il gesto di una mano che segue i sentieri dei pensieri di una mente in preda a stati di inquietudine e strazio. E’ proprio nella contraddizione, nell’antitesi delle immagini che il poeta fa emergere, con estrema umiltà, la verità di una passione che innalza e atterra, riempie e svuota senza tempo. Getta mente e corpo in uno stato di strana prigionia, senza catene..eppure schiavi, esiliati in un battello di pensieri sperso tra le onde di un mare immenso.

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