Io sono qui a scrivere. Mio padre legge dianzi a me. Alle spalle gente confusa. Risuona il tramestio della macchina da caffé, – la guida un lacché. Un pitocco sbevazza, nel mio raggio d’ombra. Un gaglioffo, suo pari, lo asseconda. La sciantosa canta l’aria perduta. Il Figlio dell’Uomo balla alla destra del Padre invisibile. Il neghittoso giace in disparte, – sua moglie gioca a carte. ‘Siam tutti birbanti!’ pensa Pitou. ‘Il cielo non me ne voglia!’ grida una poco di buona lungo la strada. Il conte Mosca teme il frastuono di barche in rada. Dall’altra parte del globo gentaglia s’infiamma: l’aristocrazia ha bell’e concluso il corso opaco. Robinson Crusoe, invece, prosegue la sua tirata in solitaria. ‘La plebe sarà patrizia, la Patrizia sarà plebea!’ dicono i malinformati. Il Medio Oriente chiama. Ma Del Dongo corteggia, patisce, ama: e si muove come un chiaro segnale di vanità. Giorgio, suo parente, gira bel bello in bicicletta per le vie incognite di Ferrara. Micol non l’ho attende. L’Alfa e l’Omega si chinano alla Necessità: almeno così dice il filosofo meccanicista, figlio d’un qualche patema pregresso. La vita dei giovani, il sabato sera, arriva all’eccesso, – ne faranno un gran processo al Governo Italiota che ha dato un così cattivo esempio.
Il Maestro è invecchiato; Johnny pure. Gli imperi musicali sono sfaldati dalla pirateria occulta. Anche i bucanieri scelgono la comoda Cadillac: bianca o nera, nulla fa.
Tutto questo succede, mentre scrivo; sicché mi riesce difficile di registrare ogni movenza. Ma chi avrebbe il coraggio di dire che qualcosa è accaduto?
E la donna, di cui si ha un gran parlare nella mia testa, sorride a qualche anima sconosciuta, – anima che evidentemente non sono io. Ella ride, nel farsi dei suoi gesti consueti: e l’umanità, mossa dal nonsenso, continua a fluire, nonostante un cotanto sorriso!
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