mercoledì 30 marzo 2011

Racconti: Metafisica nel boudoir

« Mah, secondo me, Dio non esiste… », disse sicuro Donatien-Alphonse-François, romanziere di quarta categoria.
« Da cosa lo deducete, mio caro Donatien-Alphonse-François? », rispose, dopo un’interminabile tirata di pipa, Carletto Baudelaire.
« Ma è chiaro, per tutti i simoniaci! », asserì volgarmente il romanziere, senza fornire alcuna delucidazione.
« La chiarezza è un concetto relativo alquanto. Pur tuttavia dovrete addurre una qualche dimostrazione di ciò che voi, Donatien-Alphonse-François, reputate così rilucente, mentre a me pare assai tenebroso… », proferì tutto d’un fiato il pensieroso Carletto, a seguito di un’altra interminabile tirata di pipa.
« E’ proprio qui l’errore, mio caro Charles, è proprio qui! V’ingannate, ah come v’ingannate! Scusate il mio sussiego, ma è necessario in quest’occorrenza, per tutti i simoniaci! L’Onnipotente non lo vediamo, né l’abbiamo mai visto; pertanto non v’è alcun bisogno del penarsi per dimostrare la sua esistenza, e nemmeno del contrario. L’Onnipotente va ignorato, per tutte le monache! », s’infervorò Donatien-Alphonse-François; e ciò parve oltremodo volgare a Carletto, che s’incupì definitivamente.
« Acuta osservazione, – disse, celando la sua ripugnanza – veramente molto acuta come osservazione. Sicché, proseguendo il cammino dialettico della vostra ratio, dovremmo pur supporre che i sentimenti non esistano, dato e considerato che anch’essi non si vedono ».
« Esattamente! ».
« E dovremmo poi asserire con fermezza che neppure la poesia, l’esperienza poetica, la passione amorosa, l’intrigo, la sagacia, la filosofia non esistano, poiché sono tutte, –  e voi dovrete convenire con me – sono tutte, ripeto, cose invisibili, impalpabili, ineffabili! ».
« Vedo che avete subito colto nel segno, caro Charles! ».
« Attendete la conclusione, caro Donatien-Alphonse-François. Se la filosofia in generale non esiste, poiché, sempre seguendo le conseguenze della vostra ratio, l’invisibile stesso, data la sua chiara invisibilità, non esiste, allora anche la vostra filosofia particolare, la vostra opinione del necessario ignorare la questione di Dio non esiste, né può esistere. O sbaglio? La vostra ratio conduce all’inesistenza della ratio, caro Donatien-Alphonse-François! E’ questo il punto ».
« In ciò non scorgo alcuna contraddizione. E inoltre, non me ne dogliate, il suo ragionamento è sofistico alquanto, per tutti chierici! ». A tal punto Carletto Baudelaire sobbalzò dal suo divano di mogano; la pipa scivolò rumorosamente sul tappeto, polverizzando un paio di peluzzi sporgenti. Carletto gettò celermente due gocce d’acqua dal bicchiere, che giaceva sul tavolino tarsiato da mano esperta proprio al suo fianco, per spengere il piccolo fuoco; poi raccolse con eleganza la pipa, e disse inaspettatamente:
« Aspetto Sartre… ».
« Sicché? », chiese incuriosito Donatien-Alphonse-François.
« Sicché sono costretto ad interrompere la discussione con voi… », rispose bruscamente Carletto.
« Ammiro la vostra schiettezza, ma temo di non poter esaudire il desiderio di mettermi alla porta. Sapete bene che non è possibile… », e qui Donatien-Alphonse-François sorrise di lieve amarezza.
« Ciò non significa che voi dobbiate prender parte alla nostra discussione… », chiarì, inviperito, Carletto.
« Mi riesce difficile di capire il perché non debba… ».
« Caro Donatien-Alphonse-François, noi si cerca la verità. Per voi, invece, ciò è indifferente, se ho ben compreso ».
« E da quando, caro Charles, voi cercate la verità? ».
« Da quando noi si cerca Iddio! », rispose con fermezza Carletto, deponendo quasi irrevocabilmente la pipa nel portasigarette inargentato.
« Iddio non esiste, lo sapete bene… ».
« Siete solo un diavolo, Donatien-Alphonse-François! Un diavolo perverso che inquieta i nostri sani discorsi di ricerca. Lasciateci in pace. Vedrete bene quanti intellettuali francesi entreranno ancora in questa malsana biblioteca e deporranno i loro volumi sugli scaffali vuoti. E vorrete prender parte alla deposizione, catalogherete i libercoli che avranno sottobraccio solo se idonei al tenore e all’eleganza tradizionali, sennò li getterete nel retromagazzino ad inzaccherarsi con altre decine di migliaia. A voi interessa il contegno mondano, e basta! », asserì Baudelaire con sguardo torvo.
« Mi state seccando, caro Charles. Dio, per me, è un gioco erotico al pari degli altri. Non vedo il problema. Se, poi, una marea ondeggiante di intellettuali francesi frequenta la biblioteca, che colpa ne ho io? », disse a chiare lettere Donatien-Alphonse-François. Si alzò dal suo sgabello di legno e prese a camminare per la stanza con accenno febbrile.
« Siete lo spirito maligno della Francia! », gridò fuori di sé Carletto.
« Ah, ah! – rise di cuore Donatien-Alphonse-François – attendete il fremito d’un secondo, vado alla toilette! Torno subito, mio caro Charles, torno subito… abbiate la compiacenza di attendermi… ». Egli uscì di getto dalla camera, taglio tre quarti dell’immensa biblioteca – deserta com’era, in quella domenica autunnale – in un batter di ciglia. Raggiunse il lurido bagno bibliotecario, all’interno del quale giaceva uno spogliatoio violetto; vi era un inenarrabile odore di piscio che aleggiava agli spigoli del bugigattolo e che immediatamente lo disgustò. Poggiato su di una sedia metallica inchiodata a terra e coperto a brani da un panno di pizzo tremendamente infangato, era custodito un librone dalla copertina rossastra, simile al più imponente dei codici medievali. Al che lo prese e tornò con la stessa rapidità indietro sui suoi passi. Carletto aveva stranamente ripreso a pipare.
« Ebbene? », chiese non appena vide rientrare il furtivo Donatien-Alphonse-François.
« Ecco la vostra metafisica. Leggete, leggete. Almeno così ingannerete l’attesa di Sartre e il tempo che scorre… ».
« Portatemi dell’assenzio, per favore. Mi concilierà la lettura… », disse Carletto con rinnovata gentilezza. E mentre Donatien-Alphonse-François usciva in cerca d’un bicchiere d’assenzio possibilmente verde, l’altro gli rivolse un ultimo interrogativo.
« Chi l’ha scritta, caro Donatien-Alphonse-François? ».
« Ma come? Non leggete il nome dell’autore sul frontespizio? ».
« E’ coperto dal fango… ».
« Per forza, era sepolto nel boudoir. L’ho riesumato poco fa, non senza conseguenze. Ma voi raschiate col dito, caro Charles, raschiate… », ordinò con sicurezza il romanziere da quattro soldi.
« E’ Dio l’autore… », disse tremante Carletto, dopo aver raschiato assai impazientemente.
« Esatto. Leggete, leggete, caro Charles… e non me ne dogliate, ma purtroppo manca proprio l’ultima pagina, per tutti i simoniaci, l’ultima pagina! », e qui uscì, ridendo di cuore, l’enigmatico Donatien-Alphonse-François.

2 commenti:

  1. Esistere deriva dal latino Ex-stare, e indica l'assenza, in sé, delle proprie ragioni d'essere. Esistere significa dipendere, e se Dio esistesse non sarebbe Dio. La Realtà non relativa che tutto contiene in potenza e in principio, nulla escludendo, "è" oltre l'essere e l'esistere. Naturalmente per dire questo si deve usare il linguaggio obbligato dalla consequenzialità alla quale è impedito di parlare di ciò che non è sottomesso ad alcun limite, dunque l'uso del verbo essere si rende necessario per dire che una Realtà è maggiore dell'essere. Solo la negazione consente di affermare l'Assoluto, ma è questo un negare dato dal punto di vista relativo, il quale è una negazione a propria volta rispetto all'Assoluto, e lo è a causa dei suoi limiti nei confronti della Realtà che di limiti è priva. Dunque una negazione espressa da un'altra negazione costituisce la migliore affermazione possibile.

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