L’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” chiude la Facoltà di Filosofia. Agli studenti urbinati è negato lo studio del Pensiero. L’esecutore del diniego è il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, ma il mandante è il benemerito ministro dell’Economia, Giulio « Mani-di-forbici » Tremonti. Egli, in un parossismo di disgusto nei confronti della crescita culturale e intellettuale del Paese, ha recentemente dichiarato: « Di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia ». Ebbene, ecco scagliato in risposta un giambo rovente.
La filosofia è l’anima della Ricerca, poiché il suo è pensiero del Pensiero, cioè la riflessione che pensa a ciò che è necessario pensare prima di volgersi ad altro. L’Altro è: la letteratura, l’economia, il diritto et cetera. Senza il pensiero del Pensiero, l’Altro risulta im-pensabile. L’economia stessa, di cui Tremonti è l’impavido scudiero, l’impareggiabile palafreniere, poggia, mantenendosi nel suo fondamento, su di un pensiero filosofico irriducibile. Non può esistere il magistero d’alcunché se non ci si interroga, filosofando, sull’essenza che pertiene alla materia in questione. La filosofia, e più in generale la cultura, quell’humus basilare nel quale ristagna la riflessione, precede qualsiasi atto; e come tale è essenziale all’atto. Tagliare i fondi agli studia humanitatis è un tentativo incosciente e sconsiderato, volto all’oblio della comprensione dell’ente e della legiferazione che può sussistere all’interno di esso. Così, in questi termini, la città di Urbino sarà irrimediabilmente privata del significato intimo della Ricerca. La mancanza di una Facoltà di Filosofia aliena lo studente urbinate dalla possibilità di una qualsiasi forma di studio progressivo perché diviene carente del Pensiero che trae dalla Ricerca il senso di ciò che si ricerca. « Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora », scrive Heidegger nella Lettera sull’« umanismo ».
La dichiarazione di Tremonti, oltre a degenerare nella più scialba e triste depravazione del dileggio, è figlia di una palese contraddizione: chiunque si ponga criticamente dianzi ad un ente, assumendo una particolare posizione rispetto a questo, riflette e, riflettendo, si fa promotore di un certo tipo di cultura. Il nostro ministro non è forse uno stimato giurista? E per pervenire a tale status non ha forse espresso un pensiero ‘culturale’ in merito? Se Tremonti nega il valore del Pensiero e della cultura, egli nega lucidamente anche il valore della sua ubicazione pensante all’interno di un discorso sull’economia e sul diritto. Per tale dichiarazione, pertanto, egli merita la damnatio memoriae.
Camus
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