lunedì 20 dicembre 2010

Heaney e la libertà dell'Irlanda

I. «She fades from their somnolent claps / Into ringlet-breath and dew, / The ground possessed and repossessed» (sez. 3, vv. 7-9).
II. «[…] No treaty / I foresee will salve completely your tracked/ And stretchmarked body, the big pain / That leaves you raw, like opened ground, again» (sez. 2, vv. 11-14).[1]

L’Oceano sembra spingere l’Irlanda contro l’Inghilterra; la possessione geografica delle onde che infrangono il grembo della terra, è supportata dall’imperialismo politico britannico sottomettente: l’Irlanda è tra due fuochi maschi. Lei si «dissolve davanti all’abbraccio sonnolento», che l’atto d’unione ha reso tale. La sonnolenza è il primo sintomo del violatore, una volta consumata la violazione; e l’Irlanda sfuma tra le braccia intorpidite dell’Oceano. Lo sfumare è un esser-sfuggente tipico della femminilità, la quale acquista quella vaghezza insondabile propria di chi è violato. La donna è guastata non senza conseguenze: l’atto che unisce naturalmente, eppure in maniera così innaturale, comporta l’allontanamento perenne del femminino dalla mascolinità, il suo eludersi all’uomo addormentato. Egli dovrà dichiarare di aver calpestato la terra del non-sufficiente, poiché la sua violenza non è bastata a tener per sé. L’Oceano geograficamente e l’Inghilterra politicamente oltraggiano con la loro volontà di potenza l’isola che scompare, e che si nega. La terra è posseduta primariamente dall’Oceano, e riposseduta dal governo britannico, ma al vero non è di nessuno. La femminilità, pare asserire il Bardo irlandese, è l’eterno negarsi al maschio che vuole possedere, e fisicamente possiede; eppure nel suo ulteriore intorpidirsi non possiede. Ma cosa rende il suo possesso un sostanziale im-possesso? Ai vv. 1-3 della seconda sezione di ‘Act of Union’ Heaney dice di essere «imperialmente maschio, lasciando» alla donna «il dolore, il lacerante processo coloniale»[2]. E per quanto ci sia pace, per quanto la lotta si sia conclusa nell’amore, egli non intravede ‘alcun trattato’ che possa sanare il corpo violato per sempre. Ed ecco che sorge irreparabile the big pain, ‘il grande dolore’ che ferisce come la terra aperta, ancora. Il dolore è grande in quanto è il più grande, per sua stessa fatalità; quel dolore che dà la vita apre ad una piaga che mai sarà rimarginata. La donna porta nella sua corporeità il taglio per cui mai l’uomo potrà tenerla del tutto per sé, il ciò che la rende sfuggente. L’intera umanità sembra inseguire il femminino che si ritrae per il dolore della violazione. Il legame alchemico della rima pain/again, stabilito dalla lingua inglese, e straordinariamente riportato alla luce dal Bardo, spiega con puntuale esattezza la linearità del ritrarsi: la dolenza è nell’ancora, cioè nel suo ciclico ritorno, che non smetterà mai di languire. I segni di tale dolenza sono la prova materiale dell’affrancamento del femminino dal tentato possesso maschile: l’Irlanda posseduta e riposseduta, in virtù della sua apertura ancora visibile, è libera, e dunque non è di nessuno. Heaney, mediante il suo scavo alle origini dell’esser-irlandese, afferma per il suo popolo, senza alcun condizionamento politico ed ideologico, la libertà medesima del suo popolo. L’Irlanda, come una donna violata dal suo uomo, rimane libera, perché si ritrae all’assalto definitivo. Quell’ancora, che nella preziosità della lingua inglese fa rima con dolore, testimonia l’eludere da qualsiasi imposizione, e dunque l’emergere al di sopra di sé dell’Irlanda, che finalmente ottiene la sua indipendenza e la sua unione.

Camus


[1] I. «lei si dissolve al sonnolento abbraccio / in un soffio di ricci e rugiada, / la terra posseduta e riposseduta» (trad. di R. Mussapi); II. «[…] Nessun trattato / intravedo che possa del tutto sanare il tuo corpo / tracciato di solchi e smagliature, il grande dolore / che ti lascia ferita come terra aperta, ancora» (idem).
[2] «And I still imperially / Male, leaving you with the pain, / The rending process in the colony». La trad. è di R. Mussapi.

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