A volte il destino è beffardo. Il primo quadro di Andrea Pazienza, che senza esitazioni chiamo 'il più grande fumettista italiano', rappresenta in pompa magna il suo funerale. Nel mezzo di un tumulto ai limiti del sarcasmo, quasi di sghimbescio su di una scena grottesca, appare una scritta limpida e feroce: "Andrea Pazienza is dead". Possibile che un pittore ancora acerbo dipinga la sua fine? Possibile che sia morto il più geniale degli artisti, e tra gli artisti geniali il più bello? Ciò che è difficile da valutare nella parabola di Pazienza è proprio questa terribile incognita: la commistione esplosiva di genio e bellezza. Un suo diretto predecessore fu Arthur Rimbaud, e anch'egli non se la passò così bene. Il motivo di simili collassi è forse dettato dall'eccesso di volontà di potenza che è sprigionato da codeste autentiche forze della natura. La volontà di potenza è una categoria metafisica introdotta da Nietzsche nella filosofia occidentale, ed indica la naturale tensione dell'uomo al possesso di un qualcosa che lo superi, cioè lo porti al di sopra di sé, in modo che diventi uno Über-Mensch. In un certo senso (con le dovute precauzioni, intendo, scevre d'ogni fanatismo da teenager) Rimbaud e Pazienza erano accomunati da una superiorità disarmante e annientatrice, la quale, piuttosto che creare il durevole, tendeva a distruggere il proprio creato per troppa potenza di volontà. Uno dei più alti insegnamenti dei Greci è certamente quello per cui il dio punisce chiunque oltrepassi la misura. E Pazienza, come più volte ha ripetuto egli stesso, ha peccato di dismisura suo malgrado.
Suo malgrado, appunto: noi non si cerca in alcun modo di giudicare, né di redimere il personaggio, il quale è vissuto e vivrà ancora nella memoria dei suoi ammiratori senza i nostri giudizi di poco conto e maliziosi. Noi si osserva. E l'osservazione naturalistica, come vorrebbe qualche filologo educato al metodo scientifico, ci porta a dichiarare pericoloso qualsiasi surplus di talento e grazia. Pazienza era un genio ed era bello. Questo è bastato per destare la nostra infinita meraviglia verso le sue grandiose opere rimaste in vita, e per condurlo ad una morte. La volontà di potenza ha concesso che la vita sia delle opere e non dell'uomo che le ha create. Ma come diceva Socrate, per bocca di Paltone, "chi di noi vada verso un destino migliore a tutti è oscuro, fuorché al dio".
Suo malgrado, appunto: noi non si cerca in alcun modo di giudicare, né di redimere il personaggio, il quale è vissuto e vivrà ancora nella memoria dei suoi ammiratori senza i nostri giudizi di poco conto e maliziosi. Noi si osserva. E l'osservazione naturalistica, come vorrebbe qualche filologo educato al metodo scientifico, ci porta a dichiarare pericoloso qualsiasi surplus di talento e grazia. Pazienza era un genio ed era bello. Questo è bastato per destare la nostra infinita meraviglia verso le sue grandiose opere rimaste in vita, e per condurlo ad una morte. La volontà di potenza ha concesso che la vita sia delle opere e non dell'uomo che le ha create. Ma come diceva Socrate, per bocca di Paltone, "chi di noi vada verso un destino migliore a tutti è oscuro, fuorché al dio".
Camus
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