giovedì 23 dicembre 2010

"Leggere Chomsky", Capitolo III, parte II

Si continua con la pubblicazione di testi sconvolgenti sulla politica Usa e la società moderna.


Le pubbliche relazioni

Gli Stati Uniti sono stati i pionieri dell'industria delle pubbliche relazioni, il cui scopo, come sostenevano i capi, era "controllare la mente del popolo". Impararono moltissimo dalla Commissione Creel, dalla creazione del "terrore rosso" e da quel che ne seguì. L'industria delle pubbliche relazioni negli anni venti conobbe un'enorme espansione e per qualche tempo riuscì a indurre nel popolo una sottomissione pressoché totale al dominio degli affari. Fu un fatto talmente clamoroso che i comitati del Congresso cominciarono a studiarlo nel decennio successivo; da questi studi proviene la maggior parte delle informazioni in nostro possesso.

Quella delle pubbliche relazioni è un'industria immensa, che attualmente può contare su un budget dell'ordine di un miliardo di dollari all'anno. Il suo scopo è sempre stato quello di controllare l'opinione pubblica. Negli anni trenta si dovettero affrontare di nuovo problemi gravi, analoghi a quelli del periodo della Prima guerra mondiale. Era l'epoca della grande depressione e i lavoratori stavano conducendo una dura lotta in difesa dei loro diritti. Nel 1935, con la Legge Wagner, ottennero la prima importante vittoria sul piano legislativo: il diritto di organizzarsi. Questo poneva seri problemi. Innanzitutto, la democrazia era in pericolo: al gregge era stato riconosciuto un diritto, e questo non era previsto; il popolo che doveva restare diviso, segregato, isolato, in breve tempo avrebbe potuto organizzarsi e diventare qualcosa di diverso da un semplice spettatore. Se molte persone dotate di risorse limitate riescono a unirsi e a entrare nell'arena politica, il popolo può assumere un ruolo attivo nella società, e questa è una minaccia terribile. Il mondo degli affari reagì energicamente per far sì che quella fosse l'ultima vittoria dei lavoratori, l'inizio della fine della deviazione democratica rappresentata dall'organizzazione popolare. E così fu. Da allora in poi (benché il numero degli iscritti ai sindacati per un breve periodo durante la Seconda guerra mondiale sia cresciuto), la capacità di azione attraverso i sindacati cominciò a diminuire costantemente a opera della comunità degli affari, che ancora oggi investe cifre enormi e mette a punto attente strategie per risolvere quel genere di problemi attraverso l'industria delle pubbliche relazioni e altre organizzazioni, come la National Association of Manufacturers (Associazione nazionale degli industriali) e la Business Roundtable, che all'epoca si misero immediatamente al lavoro per cercare il modo di contrastare le deviazioni democratiche.
La prima prova si ebbe nel 1937. I lavoratori delle acciaierie di Johnstown, nella Pennsylvania occidentale, avevano dato inizio a un importante sciopero. Il mondo degli affari sperimentò una nuova tecnica di distruzione dell'organizzazione operaia, che diede ottimi risultati: abbandonate le squadre di crumiri e di picchiatori, che comunque non sortivano grandi effetti, passò alle armi più sottili ed efficaci della propaganda. Bisognava indurre il popolo a schierarsi contro gli scioperanti, presentando la loro lotta come un'attività distruttiva, dannosa per la società e nociva all'interesse comune, che riguarda "tutti noi", uomini d'affari, lavoratori, casalinghe; "noi vogliamo sentirci uniti, crediamo nell'armonia e nello spirito americano, mentre all'infuori di "noi" ci sono gli scioperanti, che causano distruzione e provocano incidenti, infrangono l'armonia sociale e violano lo spirito americano. Per questi motivi devono essere fermati. Il dirigente d'azienda e il ragazzo che lava i pavimenti hanno gli stessi interessi: il messaggio, essenzialmente, era questo. Per far sì che il popolo, inconsciamente, lo interiorizzasse, la comunità degli affari che controllava i media e disponeva di ingenti risorse compì uno sforzo enorme. E il metodo si dimostrò molto efficace; in seguito fu chiamato "formula della valle di Mohawk" e venne applicato di frequente, diventando uno dei "metodi scientifici per far fallire gli scioperi", attraverso i quali si mobilita l'opinione pubblica in nome di principi insulsi e vuoti come lo spirito americano (chi può contestarlo?), l'armonia (chi può essere contrario?) oppure, come nel caso della guerra del Golfo, l'appoggio alle truppe (chi può rifiutarlo?).
Ma cosa significa, per esempio, la domanda: "Lei appoggia la popolazione dell'Iowa?". Si può rispondere: "Sì, la appoggio" oppure: "No, non la appoggio", ma il punto essenziale è che la domanda non ha alcun senso. Lo stesso vale per gli slogan della propaganda, del tipo "Appoggia le nostre truppe": non significano nulla. E come affermare di appoggiare la popolazione dell'Iowa. In realtà questa domanda ne sottende un'altra, che si può formulare così: "Lei appoggia la nostra politica?". Dunque la vera domanda è indiretta e questa è l'essenza della propaganda efficace: creare uno slogan su cui nessuno dissenta per avere il consenso di tutti. Nessuno può capire che cosa significa, perché non significa nulla; il suo valore essenziale consiste nel distogliere l'attenzione da questioni che, al contrario, sono di fondamentale importanza: "Lei appoggia la nostra politica?". Ma di questo non è permesso parlare, mentre si esprime il proprio inevitabile appoggio ai soldati; e lo stesso vale per lo spirito americano e l'armonia. Restiamo uniti, assicuriamoci di non avere attorno gente cattiva che distrugge la nostra armonia con discorsi sulla lotta di classe, sui diritti dei lavoratori e via dicendo.

Il metodo è talmente efficace che funziona ancora oggi, perfezionato grazie a raffinati accorgimenti. Quelli che lavorano nell'industria delle pubbliche relazioni hanno uno scopo preciso: cercano di inculcare al popolo i valori giusti e hanno una loro idea di come dev'essere la democrazia: un sistema in cui la classe specializzata è addestrata per lavorare al servizio dei padroni della società. Il resto della popolazione dovrebbe essere privato di qualsiasi forma di organizzazione, che è esclusivamente fonte di guai. Ciascuno deve restare da solo davanti alla televisione e assorbire il messaggio secondo cui l'unico valore che conta è possedere più beni e vivere come le ricche famiglie borghesi che appaiono sullo schermo, credendo nell'armonia e nello spirito americano. Per la popolazione, l'unica realtà consentita è quella mostrata dai media; desiderare o credere che esista qualcosa di diverso è una follia. E poiché non è permessa alcuna forma di organizzazione (e questo è fondamentale) non c'è modo di confrontare le proprie idee con quelle degli altri.
Dietro a tutto questo c'è l'idea di democrazia cui ho accennato, la quale impone che il gregge smarrito guardi il campionato di calcio, le sitcom o i film violenti. Ogni tanto è opportuno fargli recitare qualche slogan (come "Appoggia le nostre truppe") o spaventarlo, evocando davanti ai suoi occhi un diavolo che minacci di distruggerlo; altrimenti potrebbe cominciare a pensare, e pensare non è di sua competenza.

Questa è una concezione di democrazia. Ritornando alla comunità degli affari, l'ultima vittoria sul piano dei diritti dei lavoratori è stata la Legge Wagner del 1935. Dopo c'è stata la guerra, i sindacati sono entrati in crisi e altrettanto è accaduto alla ricca cultura operaia associata a essi, che è stata completamente distrutta. Siamo diventati una società governata dal mondo degli affari, a un livello assoluto: quella americana è l'unica società industriale con capitalismo di stato che non ha neppure un contratto sociale ordinario, come avviene in altre società dello stesso tipo. All'infuori del Sudafrica, credo, questo è l'unico paese industriale a non avere un servizio sanitario nazionale. Non è garantito nemmeno un livello minimo di sopravvivenza per quelle parti della popolazione che non sono in grado di adattarsi al modello e guadagnarsi da vivere individualmente. I sindacati sono praticamente inesistenti, né ci sono altre forme di organizzazione popolare. Non esistono partiti politici. I media sono monopolio dell'industria e sostengono tutti la stessa ideologia. I due partiti esistenti sono due fazioni del partito degli affari. La maggior parte della popolazione non si preoccupa neppure di andare a votare, perché lo considera ormai un gesto privo di senso. I cittadini sono tenuti al margine e opportunamente distratti. La figura leader nell'industria delle pubbliche relazioni, Edward Bernays, proviene infatti dalla Commissione Creel; ne ha fatto parte, ne ha appreso la lezione e l'ha utilizzata fino a teorizzare "l'ingegneria del consenso", che descrive come "l'essenza della democrazia". Le persone che sanno fabbricare il consenso sono quelle che possiedono le risorse e il potere per farlo (la comunità degli affari); ed è per loro che lavorate.

Fabbricare l'opinione

È inoltre necessario esortare la popolazione a sostenere le avventurose iniziative della politica estera. Di solito la popolazione è pacifista, proprio come lo è stata durante la Prima guerra mondiale, perché non vede ragioni per lasciarsi coinvolgere in massacri e torture. Quindi bisogna spronarla, e per spronarla occorre spaventarla. Lo stesso Bernays ha ottenuto un risultato importante in questo campo: è lui che ha condotto la campagna di pubbliche relazioni per la United Fruit Company nel 1954, quando gli Stati Uniti decisero di rovesciare il governo capitalista democratico del Guatemala, sostituendolo con un gruppo di assassini provenienti dalle fila degli squadroni della morte, ancora oggi al potere grazie ai costanti aiuti statunitensi finalizzati a prevenire svolte democratiche che non siano solo formali. Si rende necessario imporre di continuo programmi di politica interna cui il popolo è contrario, perché non ha ragione di appoggiare programmi che vanno contro ai propri interessi. E anche questo richiede una propaganda massiccia. Negli ultimi decenni ne abbiamo visti molti esempi. Le politiche di Reagan, per esempio, erano estremamente impopolari. Due terzi degli elettori che lo avevano insediato alla Casa Bianca nel 1984 speravano che il suo programma non si sarebbe realizzato. Se ne esaminate i punti, uno a uno, come quello relativo agli armamenti o al taglio della spesa sociale, capirete che la popolazione era fortemente contraria alla politica reaganiana. Ma finché viene costretta al ruolo di semplice spettatore, non ha modo di organizzarsi o di esprimere ciò che pensa, né di venire in contatto con altri che condividano la sua stessa opinione. La persona che nei sondaggi afferma di preferire la spesa sociale alla spesa militare (come ha fatto una larghissima maggioranza) si convince di avere convinzioni folli, perché non ha mai sentito affermare niente di simile e crede che nessuno la pensi così. Chi dà questo tipo di risposte nei sondaggi si pone in qualche modo al margine, e poiché non ha occasione di incontrare altre persone che condividano o rafforzino il suo punto di vista e lo aiutino ad articolarlo, si sente diverso, escluso. Così si fa da parte e non presta attenzione a quanto accade.
Fino a un certo punto, quindi, l'ideale di democrazia è stato realizzato, anche se non completamente. Ci sono istituzioni, infatti, che fino a oggi è stato impossibile distruggere. Le Chiese, per esempio, esistono ancora. Buona parte dell'attività dissidente negli Stati Uniti proviene dalle chiese, per la semplice ragione che esistono. Nei paesi europei la partecipazione politica avviene con ogni probabilità nelle sedi sindacali. Negli Stati Uniti questo non può accadere, perché i sindacati sono rarissimi, e quelli che ci sono non rappresentano organizzazioni politiche. Ma le Chiese ci sono e spesso i discorsi politici vengono fatti in quelle sedi. Le attività dei gruppi di solidarietà con il Centroamerica sono nate principalmente nelle Chiese.
Il gregge smarrito non è mai abbastanza domato e quindi la battaglia è continua. Negli anni trenta ha levato la testa ed è stato tenuto a bada. Negli anni sessanta ci fu una nuova ondata di dissenso, etichettata dalla classe specializzata "crisi della democrazia". La crisi consisteva nel fatto che ampi settori della popolazione si stavano organizzando e cercavano di partecipare concretamente all'attività politica. Qui si ritorna alle due concezioni di democrazia. Secondo la definizione del dizionario, si trattava di un progresso; secondo la concezione predominante, invece, era un problema, una crisi che occorreva superare. La popolazione doveva essere ricondotta all'apatia, all'obbedienza e alla passività che costituiscono la sua giusta condizione. Bisognava fare qualcosa per superare la crisi, ma gli sforzi fatti non ebbero successo. La crisi della democrazia è ancora in atto, per fortuna, ma non si è dimostrata molto efficace nel cambiare la politica. Riesce tuttavia a cambiare le opinioni, contrariamente a quanto credono molti. Dopo gli anni sessanta sono stati fatti grandi sforzi per rovesciare e sconfiggere questa "malattia", che in certe manifestazioni ha ricevuto addirittura un nome: "sindrome del Vietnam", per esempio. La sindrome del Vietnam, definizione che ha cominciato a circolare intorno al 1970, è stata anche descritta: l'intellettuale reaganiano Norman Podhoretz l'ha definita "la malsana inibizione suscitata dall'uso della forza militare". Una larga parte della popolazione ne è stata affetta, non riuscendo a capire perché si dovessero torturare, ammazzare e bombardare popolazioni di altri paesi. È molto pericoloso contrarre quella malsana inibizione, come aveva ben capito Goebbels, perché può ostacolare la conquista del mondo. E necessario, come ha affermato il Washington Post con un certo orgoglio durante l'isteria collettiva della guerra del Golfo, inculcare nel popolo il rispetto per il "valore militare". Certo, è una cosa importante: se il disegno politico è la costruzione di una società violenta che usa la forza nel resto del mondo per raggiungere gli scopi voluti dall'élite che la governa, è necessario dimostrare apprezzamento per il "valore militare", e non lasciarsi fuorviare da sciocche inibizioni sull'uso della violenza. È necessario superare la sindrome del Vietnam.

La rappresentazione come realtà

È necessario inoltre falsare radicalmente la storia. È un'altra strategia per sconfiggere le assurde inibizioni: far apparire le cose in modo tale che, quando gli Stati Uniti attaccano e distruggono un paese, sia chiaro che lo stanno proteggendo da mostruosi aggressori.

Fin dalla guerra del Vietnam lo sforzo per ricostruire la storia è stato enorme. Troppa gente allora cominciava a capire com'erano andate veramente le cose, tra cui moltissimi soldati e giovani impegnati nel movimento pacifista e in organizzazioni analoghe. Una pessima cosa: era necessario risanare quei pensieri malati, trasformarli in consenso e indurre il popolo al riconoscimento che tutto quel che facciamo noi americani è nobile e giusto. Se bombardiamo il Vietnam del Sud è perché lo stiamo difendendo da qualcuno, evidentemente dai sudvietnamiti, visto che lì ci sono solo loro. E' quella che gli intellettuali kennedyani, tra cui Adlai Stevenson, chiamarono difesa contro "l'aggressione interna": era necessaria una definizione ufficiale che fosse comprensibile, e questa funzionò perfettamente. Quando i media sono sotto controllo, il sistema scolastico e il mondo della cultura sono allineati, il consenso e assicurato.
L'università del Massachusetts ha condotto uno studio interessante sugli atteggiamenti nei riguardi della crisi del Golfo, allora in corso: l'intento era di conoscere la disposizione mentale con cui le persone guardavano la televisione. Una delle domande era: "Quante vittime vietnamite ci sono state secondo voi durante la guerra del Vietnam?". La risposta media del cittadino statunitense è stata: circa centomila. La stima ufficiale è di quasi due milioni, mentre la cifra reale si aggira probabilmente attorno ai tre o quattro milioni. Gli autori della ricerca proposero poi un'altra domanda: "Cosa pensereste della cultura politica tedesca se, domandando ai tedeschi di oggi quanti ebrei siano morti nell'Olocausto, rispondessero: circa trecentomila? Cosa ci rivelerebbe questa risposta sulla cultura politica tedesca?". La domanda è rimasta in sospeso, ma noi possiamo riprenderla. Cosa ci dice della cultura di noi americani? Che è necessario vincere le malsane inibizioni sull'uso della forza militare e le altre idee che esprimono dissenso. Nel caso della guerra del Golfo ha funzionato, e lo stesso si può dire per qualsiasi altra questione (il Medio Oriente, il terrorismo internazionale, l'America Centrale): l'immagine del mondo che viene presentata al popolo ha solo una remotissima relazione con la realtà. La verità resta sepolta sotto un enorme castello di bugie. Per scongiurare la minaccia della democrazia, in condizioni di libertà, si è dimostrata una strategia molto efficace; a differenza di quanto avviene negli stati totalitari, in cui si ricorre alla forza, questi risultati sono ottenuti in condizioni di libertà. Se vogliamo capire la società in cui viviamo, dobbiamo riflettere su questi fatti.

La cultura del dissenso

Malgrado tutto, la cultura del dissenso è sopravvissuta ed è cresciuta parecchio dagli anni sessanta, quando cominciò, molto lentamente, a svilupparsi. Non ci fu alcuna protesta contro la guerra d'Indocina se non anni dopo, con l'inizio dei bombardamenti americani sul Vietnam del Sud, e anche allora il dissenso fu circoscritto a un movimento costituito per la maggior parte di studenti e di giovani. Negli anni settanta le cose erano decisamente cambiate. Si erano formati movimenti popolari importanti: quello ambientalista, quello femminista, quello contro il nucleare e altri ancora. Negli anni ottanta c'è stata un'ulteriore espansione con i movimenti di solidarietà, un fenomeno nuovo e importante nella storia del dissenso, almeno in quella degli Stati Uniti. Queste organizzazioni non limitavano la loro attività alla protesta, ma miravano a un vero e proprio coinvolgimento, spesso intimo, della popolazione nella sofferenza di persone lontane; queste esperienze hanno insegnato molto agli americani e hanno avuto un effetto civilizzante su tutta la società: coloro che sono stati coinvolti in questo genere di attività per molti anni devono esserne consapevoli. Io stesso mi rendo conto che le mie conferenze nelle regioni più reazionarie del paese (la Georgia centrale, il Kentucky rurale eccetera) sono pari a quelle che avrei potuto tenere nel momento culminante del movimento per la pace davanti a un pubblico di attivisti. Certo, la gente può anche non essere d'accordo, ma almeno capisce di cosa si sta parlando ed è possibile trovare un punto di contatto.

Sono tutti segni di un processo di civilizzazione, a dispetto della propaganda, delle strategie messe in atto per controllare il pensiero e manipolare il consenso. La gente inoltre sta acquistando la capacità e la volontà di capire a fondo gli avvenimenti. Lo scetticismo nei confronti del potere è cresciuto e l'atteggiamento è mutato rispetto a molte questioni. E un cambiamento lento, come la deriva dei continenti, ma incisivo e importante. Se sia abbastanza veloce da produrre una differenza significativa in quel che accade nel mondo è un'altra faccenda. Consideriamo, per esempio, la differenza tra i sessi. Negli anni sessanta l'atteggiamento di uomini e donne rispetto ad argomenti quali le "virtù militari" e l'impiego dell'esercito era praticamente identico. Nessuno, uomo o donna, manifestava remore di questo tipo nei primi anni sessanta: tutti pensavano che l'uso della violenza contro altri popoli fosse legittimo. Ma con il passare degli anni le cose sono cambiate, e l'inibizione si è diffusa un po' dappertutto; in questo processo si è manifestato uno stacco, diventato poi una differenza sostanziale; secondo i sondaggi, riguarda circa il 25 percento della popolazione. Che cosa è accaduto? E accaduto che si è formato un movimento popolare parzialmente organizzato di cui sono protagoniste le donne, il movimento femminista. Non si tratta di una vera e propria organizzazione di militanti, ma di un movimento informale che fa leva su uno stato d'animo comune il quale crea un'interazione fra le persone. E questo è particolarmente pericoloso per una democrazia come quella americana: se riescono a costituirsi delle organizzazioni, se la gente non si lascia più distrarre dalla televisione, comincia a cullare strane idee e a sviluppare malsane inibizioni contro l'uso della forza militare. Un pericolo che non è ancora stato scongiurato. (Continua)

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