Si è detto fin troppo spesso dell'esistenza di problematiche e prospettive non inquadrabili, non risolvibili per mezzo della pura, molte volte miope e a tratti semplicistica, ottica della tecnica e della scienza in genere. Ciò a causa della complessità umana, o per meglio dire del simposio mente-cuore, ragione-sentimento che pervade l'esistenza ed impedisce di coglierne significati e sfaccettature servendosi di uno strumento che guardi e si rivolga all'esame di una soltanto, o soprattutto di una, delle due componenti.
L'uomo ha un'anima, e non è retorica il continuo riaffermarlo. Anzi, proprio il sottolineare questo punto costituisce oggi l'imprescindibile missione della poesia.
Una poesia costruttiva, indomita, radicata persino nei silenzi culturali che ci circondano, tanto da suscitare ancora quella sacra indignazione che schiude dubbi e pone questioni a molti uomini d'oggi.
Evidenziare pertanto la necessità della poesia in quanto strumento codificatore dell'essere è d'obbligo, ed il comprendere l'ineluttabilità dell'incontro con essa è la sfida più ardua ai giorni nostri.
Tornare alle origini, rassegnarci ad un percorso dipendente dalla poesia non deve però spaventare. Un cammino prolifico abbisogna di strumenti vivi, dinamici, certamente fondati, ma soprattutto fondanti.
Strumenti che non solo non abbandonino il viaggiatore, ma che soprattutto non lo possano abbandonare.
E' forse quindi la poesia prigioniera dell'anima umana? O l'uomo un prigioniero nella gabbia della poesia?
In entrambi i casi l'uomo non è solo. In entrambi i casi l'uomo non è da solo. Assumere questa evidenza è verità.
Non solo, il focalizzare questa situazione apre scenari illuminanti perchè permette la formazione e la consolidazione di legami sociali quanto più necessari in tempi moderni. Ciò invita infatti l'intellettuale in genere, il poeta nello specifico, a confrontarsi, ad incontrarsi, a tessere connessioni dovute con chi si pone i suoi stessi interrogativi.
La poesia cioè, unisce gli uomini ontologicamente, oltre ad accompagnarli singolarmente nel corso della loro avventura esistenziale. Pertanto ci si pongono davanti due livelli interazione: il primo, più profondo, intimamente legato alla soggettività dell'interprete e mai del tutto esprimibile; il secondo quale sintesi di più esperienze, confronto, e in definitiva formazione di quella filosofia poetica necessariamente da condividere per il miglioramento della condizione umana.
La poesia genera filosofia, è essa stessa una filosofia, ma è bene ricordare che il viceversa è quanto di più falso si possa affermare. Il tutto, il niente, il collocare entro schemi razionali l'uomo ed il suo pensiero può essere utile a fini teorici, ma in pratica è del tutto inefficiente a spiegare quel qualcosa che la poesia si affanna tanto a definire e la cui comprensione costituisce l'aiuto pratico e reale di cui l'uomo ha bisogno.
Da assumere vi è quindi la speranza e l'importanza di non essere soli, nè con se stessi, nè con gli altri, ma anzi di doversi sforzare nella ricerca di punti e prospettive comuni, di mettersi in gioco continuamente. In tempi bui come questi la poesia non può rimanere muta e l'intellettuale, il poeta, non deve rischiare di allontanarsi dalla sua missione di timoniere, ma anzi gridare più forte, farsi sentire, conscio del fatto che il frutto del suo interrogarsi e stupirsi necessariamente troverà un terreno fertile cui attechire, il substrato cioè comune a tutti gli uomini in cui la poesia si fa carne e agita il cuore.
E' questo un invito alla fede nella poesia, alla fede in valori che si rischia oggi di accantonare in nome di presunte verità tecniche.
E' questo implicitamente un invito anche a non pensare erroneamente di essere speciali, e per ciò stesso incomprensibili per il mondo, a non pendere verso una situazione di superbia contraria in maniera assoluta al fine salvifico della poesia.
Che la resistenza della poesia si manifesti è dunque l'augurio migliore e l'impegno più gravoso che si possa assumere. Ma è anche la strada più ardua e diretta insieme che abbia l'uomo alla ricerca dell'essere, una strada che, proprio per questo, è scarsamente battuta.
Per una poesia contro le intemperie, buon viaggio.
L'uomo ha un'anima, e non è retorica il continuo riaffermarlo. Anzi, proprio il sottolineare questo punto costituisce oggi l'imprescindibile missione della poesia.
Una poesia costruttiva, indomita, radicata persino nei silenzi culturali che ci circondano, tanto da suscitare ancora quella sacra indignazione che schiude dubbi e pone questioni a molti uomini d'oggi.
Evidenziare pertanto la necessità della poesia in quanto strumento codificatore dell'essere è d'obbligo, ed il comprendere l'ineluttabilità dell'incontro con essa è la sfida più ardua ai giorni nostri.
Tornare alle origini, rassegnarci ad un percorso dipendente dalla poesia non deve però spaventare. Un cammino prolifico abbisogna di strumenti vivi, dinamici, certamente fondati, ma soprattutto fondanti.
Strumenti che non solo non abbandonino il viaggiatore, ma che soprattutto non lo possano abbandonare.
E' forse quindi la poesia prigioniera dell'anima umana? O l'uomo un prigioniero nella gabbia della poesia?
In entrambi i casi l'uomo non è solo. In entrambi i casi l'uomo non è da solo. Assumere questa evidenza è verità.
Non solo, il focalizzare questa situazione apre scenari illuminanti perchè permette la formazione e la consolidazione di legami sociali quanto più necessari in tempi moderni. Ciò invita infatti l'intellettuale in genere, il poeta nello specifico, a confrontarsi, ad incontrarsi, a tessere connessioni dovute con chi si pone i suoi stessi interrogativi.
La poesia cioè, unisce gli uomini ontologicamente, oltre ad accompagnarli singolarmente nel corso della loro avventura esistenziale. Pertanto ci si pongono davanti due livelli interazione: il primo, più profondo, intimamente legato alla soggettività dell'interprete e mai del tutto esprimibile; il secondo quale sintesi di più esperienze, confronto, e in definitiva formazione di quella filosofia poetica necessariamente da condividere per il miglioramento della condizione umana.
La poesia genera filosofia, è essa stessa una filosofia, ma è bene ricordare che il viceversa è quanto di più falso si possa affermare. Il tutto, il niente, il collocare entro schemi razionali l'uomo ed il suo pensiero può essere utile a fini teorici, ma in pratica è del tutto inefficiente a spiegare quel qualcosa che la poesia si affanna tanto a definire e la cui comprensione costituisce l'aiuto pratico e reale di cui l'uomo ha bisogno.
Da assumere vi è quindi la speranza e l'importanza di non essere soli, nè con se stessi, nè con gli altri, ma anzi di doversi sforzare nella ricerca di punti e prospettive comuni, di mettersi in gioco continuamente. In tempi bui come questi la poesia non può rimanere muta e l'intellettuale, il poeta, non deve rischiare di allontanarsi dalla sua missione di timoniere, ma anzi gridare più forte, farsi sentire, conscio del fatto che il frutto del suo interrogarsi e stupirsi necessariamente troverà un terreno fertile cui attechire, il substrato cioè comune a tutti gli uomini in cui la poesia si fa carne e agita il cuore.
E' questo un invito alla fede nella poesia, alla fede in valori che si rischia oggi di accantonare in nome di presunte verità tecniche.
E' questo implicitamente un invito anche a non pensare erroneamente di essere speciali, e per ciò stesso incomprensibili per il mondo, a non pendere verso una situazione di superbia contraria in maniera assoluta al fine salvifico della poesia.
Che la resistenza della poesia si manifesti è dunque l'augurio migliore e l'impegno più gravoso che si possa assumere. Ma è anche la strada più ardua e diretta insieme che abbia l'uomo alla ricerca dell'essere, una strada che, proprio per questo, è scarsamente battuta.
Per una poesia contro le intemperie, buon viaggio.
Luigi Carafa
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