lunedì 27 dicembre 2010

"Il posto delle fragole" di Ingmar Bergman

Guardare un film di Bergman è come aprire una ferita che è destinata a rimanere dischiusa. Egli è senz'altro il Kafka del cinema: la potenza del suo narrare attraverso le immagini è di un'asciuttezza mirabile, seppure parli di vicende e visioni al limite del fantastico. Appunto: di cosa tratta questo film del lontano 1957, in bianco e nero? Anzitutto ci chiederemo: cos'è il "posto delle fragole"? E' un luogo fantomatico? E' un sentiero raggiungibile? A cosa allude il titolo? Il "posto delle fragole" è lo status del ricordo e della memoria; ma non di un ricordo o di una memoria qualsiasi. Esso è il luogo di quel ricordo e di quella memoria. E' il sentiero percorso a ritroso dal facoltoso professor Isak Borg che viaggia alla ricerca del senso dell'essere e delle cose. La meta del suo camminare indietro non è il premio alla carriera così folgorante e lucido: la sua reale meta è il camminare in direzione del posto ontico ove è al vero instaurata la sua praesentia sulla Terra. Cos'è la vita? Essa è certamente uno stare su e giù per una via. Ma proprio questo brulicare vano ed incessante accoglie la più alta richiesta di trovare un 'posto' che sia proprio nel mondo. La memoria dei luoghi dell'infanzia suggerisce al professor Borg il pretesto di ri-considerare la sua vita e 'calcolare' le coordinate esatte del suo stare-al-mondo. Dopo tanto tempo, dopo anni di "storie tragiche nate per gioco", Isak comprende che la vita non rimane, si mantiene nell'accapigliarsi delle feroci passioni, bensì attende di tornare alla giusta altezza sulla via: il posto delle fragole. La finale visione dei genitori, con il suo che di misticismo, ri-porta il professore allo spazio aperto a lui consono e consentito. Bergam, da grande regista qual è, ci insegna come la presunta inutilità del vivere possa divenire la ragione di vita, sebbene essa comporti lo stare, stanziandosi, sulla via del dolore e della morte.

Camus

Nessun commento:

Posta un commento